A testimonianza delle vite spezzate di tanti uomini nel 2° conflitto mondiale
“Pietre d’Inciampo”
Un ricordo perenne che s’incontra sui marciapiedi di alcune città
di Osvaldo De Matteis
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Spesso incontro il signor Lillino Aloisi, proprietario dell’azienda ‘Temauto’, nella zona industriale di Galatina, il quale sostiene, con la sua pubblicità il periodico galatinese “il filo di Aracne”. Una persona molto sensibile che, oltre ad elogiare la suddetta rivista, si interessa a particolari aspetti culturali, uno dei quali è le “Pietre d’Inciampo”.
Durante un recente incontro, il signor Aloisi mi ha espresso il desiderio di veder pubblicato sulla rivista un articolo relativo alla suddetta tematica.
Ed allora eccomi qui a delineare caratteristiche, luoghi e circostanze di un aspetto poco noto ai tanti.
Le “Pietre d’Inciampo” nascono grazie a un’iniziativa ideata e ben avviata a Colonia, in Germania, nel 1995 dall’artista Gunter Deming, nato a Berlino nel 1947. L’idea prende spunto dalla reazione a ogni forma di negazionismo e di oblio per ricordare e mantenere viva la memoria di tutte le vittime del Nazionalsocialismo hitleriano. Come tutti ben sanno, tra gli ultimi anni ’30 e i primi anni ’40, milioni di persone subirono la persecuzione e la deportazione nei campi di sterminio, dislocati in varie parti dell’Europa nazista (anche in Italia). Le colpe a loro addebitate erano rappresentate dall’essere ebrei, disabili, rom, omosessuali e anche militanti politici di opposta tendenza.
L’artista tedesco inizia il suo progetto installando un “Sampietrino” di cm. 10x10x10, opportunamente inciso sulla superficie superiore di ottone, con i dati identificativi del deportato (nome, cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte quando conosciuta). Il sampietrino viene collocato sul marciapiede, accanto all’abitazione del malcapitato personaggio. L’espressione “inciampo” deve intendersi non in senso fisico, ma come elemento visivo e mentale, in modo da far fermare e riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera.
Da precisare che le pietre d’inciampo vengono posate in memoria delle vittime del nazismo, indipendentemente da etnia e religione.
L’iniziativa, partita quasi in silenzio da quel nobile gesto, via via ha preso piede ottenendo un ottimo successo, tanto che, ad inizio del 2021, sono state installate ben oltre 71.000 “pietre” nelle varie parti d’Europa.
Le “pietre”, oltre a trovarsi in quasi tutti i paesi che furono occupati durante la seconda guerra mondiale dal regime nazista, sono state installate in nazioni non belligeranti, come ad esempio la Svizzera, la Spagna e la Finlandia.
Da minuziose ricerche storiche effettuate da Salvatore Quarta, sono emersi tre cittadini monteronesi meritevoli di tanto onore.
Si tratta di militari italiani internati e precisamente:
1) Antonio G. S. Pallara, sottotenente del 48° Reggimento Fanteria (nato a Monteroni, 1 maggio 1918 – morto a Sandbostel, 6 aprile 1945);
2) Salvatore Murciato, carabiniere in forza della Legione CC. Di Trieste (nato a Monteroni il 2 settembre 1923 – morto a Vienna il 3 novembre 1944);
3) Cosimo Paladini, fante del 47° Reggimento Fanteria (nato a Monteroni il 4 aprile 1914 – morto a Cinserburnen, 24 gennaio 1945);
I luoghi di posa delle rispettive “Pietre d’Inciampo” si trovano a Monteroni, in via XXI Aprile, n. 15/B, via Filiberto, n. 85 e via Sac. Mocavero, n. 13.
Il 13 gennaio del 2019 si è svolta la cerimonia di collocazione delle pietre.
Altre “Pietre d’Inciampo” si trovano a Copertino, in ricordo degli internati militari italiani di Copertino morti in Germania e precisamente:
1) Luigi Cirfera, soldato del 48° Regg. Fanteria (nato a Copertino il 3 giugno1912 – morto a Feld il 30 giugno 1944), la cui pietra d’inciampo è posta in via L. da Vinci, 44;
2) Angelo Ant. Dell’Anna, soldato del 50° Regg. Fant., sepolto nel cimitero italiano di Am- burgo (nato a Copertino il 21 febbraio 1907 – morto a Stalag VI D. il 27 aprile 1944); luogo di posa in via Isonzo 57;
3) Antonio Greco, soldato del 47° Regg. Fant., sepolto nel cimitero italiano di Francoforte (nato a Copertino il 5 dicembre 1919 – morto in prigionia l’1 marzo 1945); luogo di posa, Masseria Mollone;
4) Francesco Moschettini, soldato del 9° Regg. Artiglieria (nato a Copertino il 5 dicembre 1920 – morto a Krefeld-Fichtenhan il 28 febbraio1944); luogo di posa, via Vitt. Veneto 5;
5) Vincenzo Valentino, Brigadiere della Legione di Bari (nato a Copertino il 4 agosto 1912 – morto a Brakel l’11 aprile 1945); luogo di posa, via Oronzo Quarta, 34/B;
6) Cosimo Verdesca, Carabiniere della Legione di Bari (nato a Copertino l’11 giugno 1900 – morto a Lendringsen 20 marzo 1945), sepolto nel cimitero italiano di Francoforte, luogo di posa, via S. Angelo.
Anche a Copertino la cerimonia di collocazione delle pietre si è svolta il 13 gennaio 2019. Delle tante persone che hanno sacrificato la propria vita per la realizzazione di un mondo più giusto, democratico e libero, mi sento in dovere di parlare del Maggiore Antonio Ayroldi di Ostuni, fucilato nelle Fosse Ardeatine nel 1944 dai nazisti.
Apprendiamo e riportiamo le notizie trovate su internet per meglio mettere in luce un degno figlio della Patria Italia.
Antonio nasce ad Ostuni il 10 settembre 1906. Della sua prima vita giovanile si conosce ben poco. Nel 1925 entra nel Regio Esercito a Roma come allievo sottufficiale dell’8º reggimento del Genio, da telegrafista. Dopo pochi mesi viene promosso caporale. Inizia una rapida carriera, grazie alla promozione a tenente nel 1933.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1940, Ayroldi è impiegato nel Comando del XX Corpo d’armata in Libia. Partecipa alle operazioni in Africa settentrionale dal febbraio del ‘41 al dicembre del ’42. Viene onorato per i suoi meriti al fronte con la Croce di guerra al valor militare e con la Croce di ferro tedesca. Rientrato a Roma, viene promosso Maggiore e assegnato allo Stato maggiore del Regio Esercito. Durante il suo servizio, assiste finanziariamente sua madre e i fratelli minori. Secondo le notizie fornite dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Brindisi, Antonio era sposato e padre di un figlio.
Durante le battaglie in Africa maturano le sue convinzioni antifasciste, come scrisse nelle lettere alla famiglia. Perciò dopo l’8 settembre del 1943 non si arruola nell’esercito della Repubblica Sociale, ma si nasconde per qualche tempo nella clinica Bianca Maria in via Guido d’Arezzo, 22, a Roma. Nel mese di novembre entra in collegamento con il Fronte clandestino di Montezemolo. All’interno della banda di militari comandata dal colonnello Ezio De Michelis, Antonio organizza una rete di informazioni a Roma, tenendo i contatti con le bande dei Castelli e del Lazio Sud e anche trasportando documenti, armi e munizioni.
Purtroppo, il 2 marzo 1944, durante un incontro con tre partigiani, viene scoperto dalle SS e arrestato. I partigiani arrestati sono rinchiusi nel carcere delle SS in via Tasso e Ayroldi viene interrogato e torturato.
Prelevato dal carcere, il 24 marzo è fatto salire insieme ad altri prigionieri politici su un autocarro per essere trasportati alle Fosse Ardeatine. Qui, stando alle successive testimonianze di soldati tedeschi, gli arrestati sono fucilati con un colpo alla nuca. Si tratta di uno degli eccidi più orrendi perpetrati dai nazisti in Italia. Con lui periscono altri 334 compagni.
Il 10 gennaio 2016, nell’ambito dell’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Deming, è stata posta una Pietra d’Inciampo (stolpersteine) nella città brindisina di Ostuni, in Corso Cavour 52, nei pressi della casa in cui era nato Antonio Ayroldi e dove abitava la sua famiglia.
Questo articolo è dedicato a tutte le vittime di ogni tipo di violenza e al tempo stesso sia di monito a tutti affinché la libertà di pensiero, di culto, di appartenenza politica sia difesa e garantita in ogni luogo. La libertà è il diritto sacro e fondamentale alla vita di ogni uomo, un valore di cui nessuno dovrebbe fare a meno. Ogni individuo nasce libero e libero dovrebbe restare nel pieno rispetto dell’altro.