Storia della pasticceria a Galatina (4^ parte)

Durante i primi anni del secondo dopoguerra, Galatina si trova in una situazione economica molto critica. Anche il settore commerciale e l’artigianato locale sono in sofferenza e tuttavia negli anni ’50, sull’onda di una lenta, ma inesorabile ripresa, fioriscono nuove, importanti attività imprenditoriali. Il 2 maggio del 1950 viene inaugurato il Bar delle Rose, intitolato alla società composta da: Armando Antonaci, Antonio Duma e Luigi (‘Gino’) Balena.[1]

Questo modesto bar, edificato sulla villa comunale in piazza Dante Alighieri, è destinato a diventare tra gli anni ’50 e ’70 un luogo d’incontro nevralgico di tutto il Salento. Comprende un laboratorio di pasticceria al piano interrato, destinato a diventare la “fucina” per la formazione professionale di moltissimi pasticcieri ed esercenti galatinesi. Sono anni in cui l’apprendimento di un mestiere o la formazione artigianale non avviene mediante istituti professionali o corsi di formazione professionale, ma essenzialmente con la frequentazione di ‘maestri’ di comprovata esperienza. Alcuni ragazzi giovani si rendono sempre disponibili a essere impiegati, nelle ore pomeridiane o in servizi organizzati per ogni tipo di cerimonia o evento mondano, da quei pochi caffè-pasticcerie esistenti in Galatina. Successivamente, altri verranno impiegati più assiduamente, per la stagione estiva o al termine della scuola dell’obbligo, aspirando a un futuro inserimento nel mondo del lavoro. Per molto tempo, ad essi vengono assegnati i compiti più umili, come lavare i vetri, pulire a terra, lavare tazze e pentole o, tutt’al più, consegnare il caffè presso il domicilio di qualcuno o il negozio di altri esercenti. Lavoretti che per i primi anni non consentono l’apprendimento delle pratiche artigianali; tutt’al più, preparare e servire il caffè al banco. Nei primissimi tempi, presso il Bar delle Rose vengono assunti i giovanissimi Raffele (‘Rafelino’) Bello (cl. 1937), il coetaneo Lorenzo (‘Enzo’) Derniolo e un più giovane Albino Tundo, il quale sostiene di essere stato il primo banconista di questa attività.

L’assortimento di dolci e la produzione stessa della pasticceria di questa nuova impresa, nei primi tempi è commisurata a una domanda ancora piuttosto limitata. D’altra parte, i servizi e i prodotti offerti dai bar alla clientela sono ancora un privilegio per pochi signori, mentre ancora il boom economico è di là da venire. Nella prima metà degli anni ’50, Armando Antonaci, al fine di dare un impulso alla produzione e alla vendita di articoli di pasticceria, fa venire presso il Bar alcuni pasticceri siciliani e tarantini, con l’intenzione di istruire i propri garzoni all’arte pasticciera. Purtroppo, nessuno di questi pasticcieri vi rimarrà a lungo, essendosi rivelati, peraltro, poco propensi a insegnare i ‘segreti del mestiere’. Il carattere promettente di Rafelino persuade Armando Antonaci ad inviarlo presso lo stabilimento Talmone di Torino per imparare nozioni di cioccolateria, che il giovane ha modo di esibire, grazie anche a un innato talento artistico, in diverse circostanze, sempre presso il Bar delle Rose. Una delle sue più celebri creazioni di questo periodo, che alcuni ritengono sia anteriore all’esperienza di Torino, fu, ad esempio, la chiesa madre di cioccolato, realizzata in scala, a circa 15 anni d’età.

Nel 1955, l’assunzione del maestro Uccio Marino (cl.1926), un esperto pasticciere leccese, segnerà un altro cambiamento importante in Galatina per questo settore artigianale. Questo maestro, infatti, sprovvisto di una propria attività commerciale, verrà in aiuto di Armando Antonaci, d’accordo con Lillino Marzo, proprietario dell’Haiti e della Torinese a Lecce dove era impiegato, e insegnerà, durante gli anni di permanenza a Galatina, a molti futuri pasticcieri galatinesi. Dalle testimonianze raccolte, Uccio Marino appare come un maestro esemplare, una persona dotata di grandi qualità umane e professionali, un lavoratore competente, umile, metodico e instancabile. Lo ricorda con nostalgia e ammirazione anche il maestro Orazio Contaldo, ma anche Leonardo Cuna, Aurelio Lagna, Lorenzo Derniolo, Maurizio Codazzo e altri pasticcieri, sebbene molti di loro non abbiano appreso le medesime conoscenze direttamente da lui. Bisognava dimostrare di essere ben predisposti ad apprendere la sua arte, prima di essere invitati dal maestro Uccio Marino a seguirlo in laboratorio e iniziare a sperimentare direttamente la pratica artigianale. Lorenzo Derniolo, dal canto suo, sostiene che per imparare bisognava osservare con discrezione i movimenti del Maestro, sbirciare furtivamente mentre, di nascosto, dosava gli ingredienti.

Il maestro Fedele Uggenti sostiene che Rafelino fu il primo a ricevere gli insegnamenti di Uccio Marino a Galatina, presso il Bar delle Rose, e che quest’ultimo fu anche il suo primo maestro. Avendogli manifestato sin da subito interesse per l’apprendimento, Rafelino lo seguirà anche in brevi trasferte a Lecce. In pratica, racconta Lillino Marzo, «Uccio Marino faceva cento torte e Rafelino gliele decorava, ricevendo in cambio i primi insegnamenti di pasticceria». A sua volta, quindi, Rafelino estendeva le sue nuove conoscenze agli altri dipendenti, coinvolgendoli in esperienze di attività laboratoriale. Sono anni in cui presso il Bar delle Rose si ritrovano a lavorare come banconisti dei giovani destinati ad avviare ognuno una propria attività, forti dell’esperienza presso questa attività e del supporto economico garantito dall’onestà imprenditoriale di Armando Antonaci. Tra questi: Enrico Manzillo il Jolly Bar (1972), in via Turati; Albino Tundo il Bar Piper in via Liguria; Adolfo Perrone (cl. 1955) l’omonima pizzeria-rosticceria (1975) in piazza Stazione; i futuri maestri pasticcieri: Uccio Matteo il Minibar (1966) e Lorenzo Derniolo il Bar Eros (1968). Rafelino stesso, fra gli anni ’60 e gli anni ’80, aiutò molti ex dipendenti dei bar, presso cui aveva lavorato e insegnato, a dare impulso alle loro attività sia perorando le loro istanze, facendogli ottenere i fondi e la strumentazione necessaria[2], sia inaugurando tali attività, avviandole alla produzione di pasticceria.

Intorno al 1957, Rafelino decide di andare in Svizzera a La Chaux-de-Fonds, per essere impiegato presso l’Hôtel Moreau (avenue Léopold-Robert, 45), cogliendo l’invito di un signore che aveva incontrato in un ristorante a Milano, dove fece una breve esperienza da cameriere. Si trattava del marito di madame Moreau, proprietaria dell’Hotel presso cui ebbe modo di approfondire le proprie conoscenze di cioccolateria, pasticceria e gelateria.[3] Lo seguirà, a distanza di circa un anno, il suo caro amico Andrea Ascalone.

Durante gli anni trascorsi all’estero e fino al 1968, Rafelino utilizzerà le ferie[4], su invito di alcuni esercenti, per dare impulso ai servizi e alla produzione dei bar-pasticcerie galatinesi, dando dimostrazioni pratiche di manualità ad alcuni dipendenti. Ben prima di tanti altri, sin dagli anni ’60, presso il Bar delle Rose verranno a fare esperienza con Rafelino anche Luigi (‘Maldini’) Marotta, che aprirà il Bar Santa Lucia (1975) in via Liguria (poi sede del Bar Piper), e diversi pasticcieri, tra cui Pietro Leonardo (‘Narducciu’) Rizzo (cl. 1942), futuro titolare del Cin cin bar (1973-2007) in piazza Alighieri 68; Giuseppe (‘Pici Pici’) Palamà (cl. 1947), che aprirà un bar in Corso Principe di Piemonte, 5; i fratelli Gatto, i quali apriranno altri bar a Galatina, ossia: Piero (cl. 1942), in Corso Garibaldi e poi nel 1969 in piazza F. Cesari, 32;[5] Mimino Gatto, avvierà Le Chat Noir, in corso Re d’Italia, 78 (oggi sede del Caffè del Re).

Nel 1958, su iniziativa di Ninì Cioffi, nasce a Galatina il Bar Eden. Questa attività si avvarrà della collaborazione di alcuni banconisti, ma non ebbe dei propri maestri pasticcieri, fin quando l’attività non passò a Carlo De Matteis e al fratello Salvatore suo socio. Durante questi anni, infatti, per un motivo o per l’altro, i maestri più bravi, privi di un’attività propria, offrono occasionalmente le proprie prestazioni in favore di diversi esercizi, anche in concorrenza fra loro, servendosi della collaborazione di diversi giovani operai disponibili. Presso il Bar Eden, perciò, oltre a banconisti come Antonio Calò (futuro titolare del Garden Bar, dal 1965 al 1985) e Uccio De Gennaro, opereranno alcuni giovani pasticcieri, tra cui Pietro (‘Caddrhipulino’ o ‘Pelè’) Scrimieri e per alcuni mesi, tra il ‘67 e il ’68, Piero Tundo, ma si avvalse anche della saltuaria collaborazione del maestro Enrico Surdo e dello stesso Rafelino, sia durante i periodi di ferie sia dopo il suo rientro definitivo dall’estero e persino negli ultimi anni della sua vita.

Intorno al 1958/59 Remo Palmieri inaugura l’American Bar, grazie al maestro Rafelino, con l’aiuto di Gino De Pascalis (cl. 1942), mentre nel 1960 ne diverrà titolare il figlio Antonio (Pietro Tommasino, ‘Pizzicuddhri’). Presso l’American Bar, con il maestro Uccio Marino comincia a lavorare Orazio Contaldo (cl. 1951), all’età di circa 13 anni. Il maestro Orazio ricorda che Uccio Marino era un vero esperto, sapeva fare molte cose; con lui si producevano, ad esempio, pasticciotti, fruttoni, bocche di dama, mostaccioli, maritozzi (dolci di pasta frolla ripieni di mandorle), taralli zuccherati, prodotti vari di pasta di mandorla, pastiere ripiene di ricotta e ricoperte di pasta di mandorla, dolci di pasta frolla con le fragole sopra, ecc.. Orazio Contaldo diverrà poi, insieme a Fedele Uggenti, uno dei più stretti discepoli di Rafelino nonché, dal 1975 in poi, proprietario del Bar in viale Santa Caterina Novella, 4, del Bar-pasticceria adiacente l’Ospedale e del Caffè Colonna in piazza Alighieri. L’American Bar ebbe tra i migliori banconisti Gino De Pascalis[6] e Uccio De Gennaro. Tra i pasticcieri-rosticcieri che vi operarono, ricordiamo Enrico Surdo, Rafelino e un rosticciere di Maglie, ma anche Piero Gatto, Fedele Uggenti, Adolfo Perrone e Piero Tundo, che, dopo circa un anno, nell’estate del 1972 si lancerà definitivamente nel settore edilizio, passando, come dice lui stesso con una battuta, «dalla farina alli basculanti».

Il maestro Leonardo (‘Narduccio’) Cuna (cl. 1950) racconta di aver conosciuto anche lui il maestro Uccio Marino, ma per poco tempo, appena iniziò a frequentare nel 1963 il laboratorio, annesso al forno (via Marche, 7, ufficialmente già aperto il 1° giugno 1957) di Silvano Rollo[7], dal quale apprese direttamente le conoscenze di pasticceria, avendo raccolto, quest’ultimo, una serie di appunti manoscritti in cui aveva annotato le sue ricette. Sostiene anche che ulteriori, significativi insegnamenti li ricevette, dopo il servizio di leva, direttamente dal maestro Enrico Surdo, presso l’Indian Bar. Il laboratorio di pasticceria di Rollo, grazie all’impulso iniziale dato da Uccio Marino, produrrà giornalmente, per diversi anni, tantissimi africani, biscotti al latte e savoiardi, con la cui pasta si realizzavano anche le bocche di dama. Non mancheranno le paste fresche per la colazione, come le craffe (il krapfen) e i cornetti, ma anche una grande quantità di gelato durante l’estate, sin dalla metà degli anni ‘60. I prodotti venivano trasportati dai giovani neoassunti con un carretto o con la bicicletta, direttamente dal laboratorio al punto vendita, un piccolo locale di rimpetto al Teatro Tartaro. Oltre Leonardo Cuna, dopo alcuni anni vennero assunti anche i suoi fratelli Antonio e Luciano; con quest’ultimo poi, negli anni ’80, Leonardo aprirà il bar Nuovo Fiore in via Soleto, 76 e poi altri due bar-pasticceria omonimi a Soleto. Antonio Cuna, invece, recentemente tiene, assieme al figlio Gianluca, Dolce Salute, una innovativa pasticceria salutistica. Presso il laboratorio di Silvano Rollo, attraverso la cooperazione con Leonardo Cuna hanno attinto, indirettamente, al sapere trasmesso dal maestro Uccio Marino e dal maestro Enrico Surdo i maestri Maurizio Codazzo, che gestisce insieme al figlio Davide il Bar S. Francesco, in via G. Pascoli, 54 e Aurelio Lagna, attuale pasticciere e titolare del Bar S. Antonio, in piazza G. Toma, 1, il cui figlio Antonio, anche lui pasticciere, attualmente opera a Maglie presso il bar Il Pasticci8.

[continua…]

NOTE:
1. Carlo De Matteis racconta che la costruzione di questo bar fu avviata circa due anni prima e nacque dall’iniziativa di sua nonna e della sorella di quest’ultima, in quanto il figlio Armando Antonaci per propblemi di salute non era più in grado di proseguire il lavoro di falegname. Per finanziare la sua fondazione fu venduta la metà di un fondo rustico denominato “lu Mataddhru”, a Cutrofiano. Ottenuto il permesso dal Comune per l’esercizio dell’attività per vent’anni, poi rinnovato con l’aggiunta dello chalet, il padre di Carlo provvide personalmente, servendosi di un cavallo e di un carretto, al trasporto dei mattoni necessari alla costruzione del bar.
2. Spesso, ci rimetteva lui stesso, facendo da garante presso i fornitori di macchinari, espositori e accessori di pasticceria e gelateria, come ad esempio quelli ottenuti da don Nino Benedetto di Lecce, con il quale si sdebitò, lavorando tra gli anni ’80 e ‘90 al Caffè del Teatro a Torre dell’Orso.
3. Informazioni ricevute da Maria Luce Uggenti, seconda moglie, vedova di Rafelino.
4. In quegli anni, chi eludeva il servizio di leva poteva ottenere il congedo dopo 10 anni di lavoro all’estero. Le ferie potevano essere fruite in Italia per un massimo di 20 giorni. Sembra che Rafelino delle volte sia tornato a Galatina anche in aspettativa, chiamato dalla madre per offrire le proprie prestazioni professionali in favore di alcune attività.
5. L’anno dopo venderà l’attività alla madre di Maurizio Codazzo e poi aprirà una rosticceria di successo a Nardò, essendo il primo a vendere le pizzelle e i rustici tipici galatinesi.
6. Gino De Pascalis racconta che le prime esperienze le fece, per circa 3/4 anni, al Gran Caffè di Gino Sabella, sin dal 1955, assieme a Piero Gatto e Carlo Scrimieri. Ha lavorato anche presso l’Eden Bar e il Bar delle Rose.
7. Successivamente, Silvano Rollo lascerà l’attività al fratello Mario, per aprire un allevamento di galline, sulla via di Sogliano. Da Mario Rollo, l’attività verrà ceduta a Leonardo Cuna intorno al 1974.