La pittura di Raffaele Del Savio: tra armonia del segno e dinamismo etereo
di Giuseppe Magnolo
Imminente una mostra personale dell’artista presso il Museo Civico “Pietro Cavoti”
con il patrocinio del Comune di Galatina
Le vie dell’arte. Si direbbe che anche le vie dell’incontro con l’arte siano infinite. La sera del 3 agosto 2013 mi trovavo a Giuggianello su invito di Massimiliano Cesari per assistere alla VI Edizione del Premio “Monolite d’Argento”, che con frequenza biennale conferisce tale riconoscimento a personalità di origini salentine che si sono distinte in ambito culturale, artistico, imprenditoriale e nel volontariato. In quella tornata l’onorificenza fu attribuita all’editore Lorenzo Capone, al direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Carlo Bollino, all’imprenditore Piernicola Leone de Castris, e allo scenografo Raffaele Del Savio. Un premio alla memoria fu anche conferito al compianto Nicola Cesari, pittore e critico d’arte che negli ultimi anni della sua vita si era dedicato con zelo ed entusiasmo all’allestimento del Museo delle Tradizioni Popolari, che proprio a Giuggianello, uno dei più piccoli comuni d’Italia, raccoglie reperti e testimonianze preziose di un modo di vivere della popolazione salentina ormai scomparso, seppure ancora vivo nella memoria. In tale circostanza l’attribuzione del riconoscimento a Raffaele Del Savio ebbe come motivazione la sua prestigiosa affermazione come scenografo di livello internazionale, ma fu anche evidenziata la sua attività artistica come pittore, scultore, illustratore di libri d’arte, ed anche quella letteraria, essendo egli autore di ben 24 commedie in dialetto salentino.
Fig. 1 – “Still life” (tempera cm 40×40)
Dal contatto all’interazione. Fu così che ebbi modo di osservare fisicamente una persona che prima non conoscevo, anche se frequentando spesso Corigliano, il suo paese di origine, ne avevo ammirato alcune opere, in particolare il “Monumento ai Caduti” e la “Fontana Monumentale”, che si trovano entrambi nella villa comunale a poca distanza dal Castello de’ Monti. Durante l’ingresso dell’autore sul palco per la premiazione notai che la sua fisionomia di settantenne di taglia media, snello e ancora prestante, si accompagnava ad un atteggiamento piuttosto impaziente e perentorio, sottolineato da uno sguardo attento e circospetto, come di chi non ama molto i fronzoli verbali e preferisce concentrarsi su idee e stimoli connessi all’azione pratica. A distanza di qualche mese, essendo l’associazione culturale da me presieduta alla ricerca di un copione per attività di carattere teatrale, avviai un contatto tramite internet con Del Savio, che risiede a Scandicci presso Firenze. Da lì è poi scaturita una frequente corrispondenza, che ha prodotto una feconda interazione basata su interessi culturali fortemente convergenti nelle motivazioni e sostanzialmente complementari sul piano operativo. Fig. 2 – “Allo specchio” (tempera cm 40×40)
La mostra: “Il tempo e il segno”. Uno dei risultati più significativi di questa collaborazione è stata l’idea di organizzare una mostra retrospettiva delle opere pittoriche del maestro Del Savio, che nel prossimo luglio 2014 toccherà in alternanza tre sedi diverse del Salento (Galatina, Museo “P. Cavoti” dal 5 al 10 luglio; Sogliano Cavour, Palazzo Comunale dal 12 al 15 luglio; e Maglie, Galleria “Capece” dal 19 al 26 luglio), presentando al pubblico 72 dipinti eseguititi dall’autore in anni recenti e in circostanze diverse. Essendo io stato in qualche modo partecipe sia nelle scelte dei soggetti che nella predisposizione degli allestimenti, sono in grado di fornire anticipatamente dalle colonne del Filo di Aracne alcune indicazioni sui contenuti e gli aspetti di interesse artistico-culturale che l’evento costituisce. Tenendo conto, tra l’altro, che questa mostra segue una analoga esposizione realizzata un decennio fa dall’autore nel Castello de’ Monti di Corigliano, si può comprendere come essa rappresenti una tappa importante nel rapporto intenso di Del Savio con la sua terra d’origine, il luogo per lui non solo di vacanze estive ma anche ricettacolo di legami affettivi che preservano intatto il loro valore, magari accrescendolo nel tempo, e caricandolo di nuove implicazioni sia di tipo relazionale che esistenziale. Fig. 3 – “ Il vecchio assopito” (tempera cm 70×70)
Il realismo figurativo. Venendo al merito, si può affermare che le coordinate fondamentali dell’espressione artistica, come concepita da Del Savio, sono sempre riconducibili a dati di esperienza, al vissuto individuale o collettivo. Lo spunto iniziale che prelude alle sue realizzazioni è inequivocabilmente fornito dall’osservazione di qualcosa di fenomenico, o di realisticamente plausibile seppure immaginario, e comunque riconducibile ad un contesto situazionale assolutamente determinato secondo le consuete definizioni spazio-temporali relative alla quotidianità comunemente intesa. La sua pulsione creativa si rapporta solitamente con uno stato emozionale ben preciso, che innesca un processo osmotico di rievocazione-contemplazione-prefigurazione, che in rapida sequenza conduce l’autore verso l’ispirazione e la sintesi estetica, che egli dapprima esplora reattivamente, e quindi esplicita utilizzando l’ampia gamma di risorse espressive che il suo linguaggio visivo gli consente. Ne consegue una elaborazione compositiva di tipo preminentemente figurativo, rivolta a supportare gli effetti mimetici della rappresentazione di persone, oggetti, elementi floreali o anche semplicemente decorativi (vedi fig. 1), sostenuta da un accorto e sapiente uso del colore, che accarezza le figure accendendole di luce o sfumandole in trasparenza, sì da conferire ad ogni dipinto un effetto che simultaneamente riesce evocativo e sfuggente.
Fig. 4 – Sognando (tempera e acrilico cm 50×50)
Selettività e immediatezza espressiva. Il primo elemento connotativo che viene in mente ripensando all’effetto d’insieme prodotto da queste opere è il loro carattere di immediatezza, che si appalesa in una tecnica esecutiva che si avvale di un segno rapido ed incisivo, consonante peraltro con l’indole dinamica, a tratti persino irruenta dell’autore, che si lascia volentieri andare secondo il guizzo del suo entusiasmo finemente ricettivo verso le sollecitazioni che colpiscono il suo sguardo indagatore avidamente selettivo, proteso verso la ricerca di ciò che con urgenza gli chiede di essere impresso sulla tela indelebilmente. Non è infatti casuale che nel proprio autoritratto (fig. 2) egli tenda ad enfatizzare il magnetismo dello sguardo, che sembra proiettarsi verso la realtà circostante in cerca di un bersaglio ben definito. Se Del Savio credesse nella metempsicosi, penso che non disdegnerebbe l’idea che la sua anima, prima di reincarnarsi, sia trasmigrata nel corpo di un rapace, magari un falco di cui ancora conserva intatti gli organi di puntamento.
Fig. 5 – “Vita alla vita” (tempera e pennarello cm 40×40)
Le variazioni tematiche. Si coglie nella caratterizzazione di questi dipinti una chiara, seppur non del tutto consapevole, giocosità di fondo, propria di chi, accingendosi a tracciare un nuovo itinerario di ricerca estetica, vuol provare ogni volta a ripartire ab imis, a rimettersi in gioco azzerando i fondamentali della propria arte, allo scopo di reinventarsi una situazione, un tema ispiratore che sia in grado di riproporsi in veste nuova e cangiante. La gamma dei soggetti utilizzati va dalla natura morta alle figure tipiche del folklore salentino (fig. 3), venditori, bagnanti, pescatori che animano le nostre spiagge, con vari studi dedicati alla figura femminile dall’adolescenza alla maternità (figg. 4-5). Infine diverse opere riportano vari momenti dell’attività artistico-teatrale, che è sempre stata così importante nella vita dell’autore (fig.6). Tuttavia la variazione esecutiva degli elementi tematici da lui scelti e sviluppati perde il suo attributo di mera ripetitività, per assumere quello ben più alto e significativo di riferimento all’essenza stessa della vita, che ad ogni istante si ripresenta uguale e diversa, soprattutto mutevole agli occhi dell’artista che non si ferma arrendevolmente al già visto, ma riesce ancora a scoprire il fascino dell’inedito che in qualche modo ammicca dietro l’angolo. Fig. 6 – “ Luci della ribalta” (tempera cm 70×70)
Lirismo e dimensione minimalista. Un aspetto distintivo di quest’ultima rassegna di opere pittoriche di Del Savio è il fatto che essa postula un suo spazio particolare all’interno del percorso artistico complessivo dell’autore, che annovera altrove realizzazioni di portata davvero imponente per effetti e dimensioni in ambito sia scenografico che pittorico. Basti pensare alla grandiosità degli allestimenti scenografici per opere di grosso impegno, come ad esempio il Balletto Don Chisciotte (vedi fig. 7), che stupiscono e affascinano insieme, ma anche alle grandi tele pittoriche da lui eseguite (“La vita di un uomo”, “Le maschere, la vita”). Invece nei dipinti di questa mostra l’autore sembra essersi riservato un angolo personale fatto di intimità e minimalismo, in cui emerge il gusto del particolare e la cura del dettaglio. È come se in ambito poetico un letterato mettesse temporaneamente da parte ogni enfasi di portata epica per rifugiarsi in una modalità espressiva volutamente più semplice, essenzialmente lirica nell’ispirazione, epigrammatica nella forma, scandita nel tempo in figure e soggetti rappresentati in consonante conseguenzialità, quasi un florilegio composto sommessamente spigolando dei comuni fiori di campo, apparentemente poco assertivi, ma carichi di spontanea vitalità e ricchezza cromatica. Fig. 7 – Scenografia per il Balletto “Don Chisciotte” (Atto I e III, sc. 2)
Tra classicismo e idealizzazione. È evidente che l’elevata capacità esecutiva dell’autore non è soltanto frutto di doti innate, ma passa attraverso una lunga esperienza di studio ed affinamento non solo in ambito di formazione accademica, potendosi egli avvalere anche del contatto frequente con personalità di spicco del mondo artistico-culturale. Né meno rilevante risulta, dopo il compimento degli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, la sua scelta di vivere immerso nell’area geografica toscana, che è stata l’incubatrice dei grandi capolavori che a partire dal tardo medioevo hanno costituito l’orgoglio della creatività degli artisti italiani attraverso i secoli. Ma evitando facili rimandi a precedenti illustri da Botticelli a Leonardo, anziché Tiziano o Raffaello, diremo che i tratti distintivi delle opere pittoriche di Del Savio rimangono sempre saldamente ancorati ad una matrice classica, soprattutto nella plastica compostezza delle figure e l’armonia delle soluzioni tecnico-espressive adottate. Tuttavia questa base sedimentale, deliberatamente tradizionalista e convintamente rispettosa degli stilemi delle origini, si accompagna ad una moderna sensibilità di sapore romanticamente idealizzante, che spesso soffonde di velata nostalgia le eteree immagini femminili in proiezione cinetica (fig. 8), che l’autore con sollecitudine amorevole tenta di sottrarre all’usura del tempo, conservandone memoria grazie al magico segno dell’arte. Fig. 8 – “Volo cinestetico” (tempera e pennarello cm 70×70)
Verità e bellezza: l’arte come sublimazione dell’esperienza. Tutti gli esseri umani sono testimoni del proprio tempo in quanto portatori di esperienza, ma alcuni sono anche in grado di esprimere il bisogno di superamento della realtà vissuta. È proprio nell’ambito artistico che si realizza quel processo di sublimazione fantastica che corrisponde ad una ricerca costante di superiore equilibrio, e che consente specialmente all’artista di guardare alla vita positivamente, al fine di evidenziarne gli aspetti che più riescono ad appagare l’innato senso della bellezza che pervade le più alte aspirazioni umane. L’espressione artistica rimane lo strumento privilegiato che permette di superare le barriere della pedestre ovvietà, per raggiungere di slancio lo stadio di contemplazione estetica che tende a configurare l’essenza della vita nelle sue forme più esaltanti. Del Savio evita istintivamente di teorizzare sui presupposti e gli esiti della sua attività artistica, e rifugge da qualunque astrazione che abbia sapore di mero cerebralismo, nella convinzione che la vera grande opera d’arte sia in grado di comunicare compiutamente all’osservatore ogni suo messaggio. Tuttavia è innegabile che il suo occhio tenda sempre a posarsi alacremente su scene di trasporto visionario che esprimono sensazioni di gioiosa esuberanza e fiduciosa convinzione nel positivo dispiegarsi del potenziale umano. Di fronte ai suoi dipinti è facile che ancora risuoni nelle orecchie di chi li contempla la voce di John Keats, che sommessamente ci ripete il suo verso: “A thing of beauty is a joy for ever, Una cosa bella dà gioia per sempre”.