Nicolò Bernardino Sanseverino Principe di Bisignano nuovo Duca di San Pietro in Galatina
ENTRATA TRIONFALE DEI DUCHI SANSEVERINO A GALATINA
di Luigi Stomaci
La madre, Erina Castriota Scanderbeg, era morta già da qualche anno, ed il Principe Nicolò Bernardino Sanseverino, che da Lei aveva ereditato il Ducato di San Pietro in Galatina, non si era ancora deciso a prendervi possesso e magari a stabilirsi in quella terra. Al contrario del padre Pierantonio, uomo d’arme e valoroso condottiero, il novello Duca, in seguito passato alla storia col soprannome di “Principe Prodigo” amava gli sfarzi, la musica, il teatro, la danza e gli intrattenimenti galanti.
Aveva avuto notizia di numerose controversie, di ingiuriose pretese, di sanguinose accuse e di infinite dispute legali insorte tra gli abitanti di San Pietro ed il vecchio Duca, il temutissimo Don Ferrante. Ma era stato informato anche dell’attuale clima dotto e operoso che si respirava nel feudo, che comprendeva numerosi e ricchi casali, dopo la morte del nonno. Bernardino amava molto viaggiare nelle meravigliose e sfarzose corti italiane del XVI secolo. Nel 1566 aveva avuto la fortuna di sposare Isabella Della Rovere, delicata e bellissima gentildonna della Corte di Urbino, una delle più ricche e nobili dell’Italia settentrionale. Anche Lei, come il marito, amava poco le contumelie di governo ed era invece attratta da una vita serena e tranquilla, era felice così ed apprezzava molto la sua vita trascorsa tra convivi sfarzosi, passeggiate nei boschi, balli eleganti e leggiadri, e adorava la musica ed il teatro. Il governo dei feudi, del Ducato di San Pietro in Galatina, era affidato, per volere di sua madre, al Barone di Andrano, con l’incarico di Governatore Generale e a don Achille Castriota come luogotenente, entrambi figli naturali di suo nonno. Nel Castello di San Pietro vivevano ancora la nonna Adriana Acquaviva, moglie di Don Ferrante e Maria Castriota Scanderbeg sua prozia, sorella di suo nonno. Dopo la morte della nonna, accertatosi che il paese era ben disposto verso di lui e verso la sua Signoria, Bernardino aveva deciso di condurvi la moglie.
In un primo momento, Isabella non ne aveva voluto sapere ed aveva accampato molte scuse, ma poi si era fatta convincere dal marito e dalle tante bellissime lettere, che aveva ricevuto dalla pro-zia acquisita, e dalle lodi che intesseva di Galatina il Duca di Nardò, cugino del marito e del quale era diventata ottima amica. Alla fine Isabella aveva dato il suo consenso anche perché era lusingata dal fatto che i San Pietrini, come le aveva riferito il Duca di Nardò avevano espresso il desiderio di poter riverire devotamente la loro giovane e bella Duchessa e ne invocavano la presenza.
Il Principe organizza il viaggio per il Ducato di San Pietro in Galatina.
Il Principe Bernardino però, prima di far intraprendere il viaggio alla moglie, aveva preferito occuparsi della scelta delle dame e dei gentiluomini, da condurre con sé nel ducato di San Pietro, ma anche dei più valenti uomini d’arme, che dovevano costituire, insieme ai loro soldati e armigeri, il nerbo della scorta durante il viaggio e la gestione e difesa, una volta raggiunta San Pietro in Galatina. Voleva, infatti, sostituire con gentiluomini e uomini d’arme a lui fedeli, la corte che continuava a gestire il feudo dopo la morte di suo nonno e di sua madre. Anche Isabella collaborò con lui nella scelta delle dame e dei gentiluomini di cui intendeva circondarsi nel suo ruolo di Duchessa di un feudo così ricco e famoso. Una volta organizzato il seguito ed ingaggiate le galee veneziane su cui trasportare tutti, l’intera corte, gli armati, le masserizie, le carrozze ed i cavalli, il Principe decise di andare avanti con una piccola scorta, onde raggiungere San Pietro qualche giorno prima che giungesse Isabella con il seguito.
Organizzato il viaggio per moglie e seguito il Principe parte avanti.
L’arrivo della Principessa a San Pietro doveva significare anche un momento di trionfo, di gioia e di festa da restare piacevolmente e per sempre, nei suoi ricordi ed in quelli degli abitanti della città. Perciò partì insieme a suo cugino il Duca di Nardò con un piccolo seguito di arcieri a cavallo giungendo in San Pietro la sera del 24 di maggio alle ore 20. C’era ancora un po’ di luce e venne ricevuto dal Sindaco Don Cola De Vito, che aveva organizzato una regale accoglienza con la partecipazione festosa di tutti gli abitanti, e questi avevano realizzato archi trionfali di rara bellezza all’ingresso del paese. Ad accogliere il Principe venne mandata avanti una compagnia di trecento fanti che giostravano e scaramucciavano con cento turchi. Il capitano dei fanti era Lupo Antonio De Vito, figlio di Don Cola, mentre i Turchi erano guidati da Rafaeli Curretore. Inoltre avanti la porta Maggiore (porta di piazza San Pietro) fu organizzata una compagnia di fanciulli, che andarono incontro al Principe, proveniente da Nardò, vestiti di bianco e con una palma in mano in segno di pace, guidati da Ettore Scalfo.
L’arrivo trionfale della Principessa Isabella Feltria Della Rovere
La principessa invece arrivò ad Otranto il giorno dieci di Giugno e subito vennero intraprese le operazioni di sbarco dalle navi Veneziane. Per prima cosa, sotto l’occhio attento di Don Giacobo Galluzzi, vennero sbarcati i cavalli e gli armigeri, poi si procedette allo sbarco delle masserizie che vennero collocate in bell’ordine su dei carrettoni da trasporto, appositamente noleggiati nel porto di Otranto. Infine vennero sbarcate le carrozze gentilizie, sulle quali elegantissime presero posto le dame del seguito e i gentiluomini e le loro famiglie.
Per ultima sbarcò la principessa, accolta festosamente da un gioioso batti mani da parte dei soldati e di grida di evviva da parte degli abitanti di Otranto, accorsi per assistere alle operazioni. Sul molo attendeva anche il Principe Bernardino, insieme al Duca di Nardò, al Reverendissimo Monsignore di Senigallia e a Don Andrea Gonzaga. Il corteo che si andò formando era grandioso, la colonna di carri, carrozze e uomini a cavallo andava dalla cala del porto sino al castello Alfonsino, ed era disposto in bell’ordine lungo le mura. Prima della partenza si unì anche la carrozza della Curia Arcivescovile, con a bordo il Reverendissimo Monsignor di Senigallia, cui l’Arcivescovo Monsignor di Capua aveva affidato il compito di accompagnare la Principessa con cinquanta cavalieri di scorta, vestiti di giallo e con armatura da parata, che si misero in chiusura del convoglio. Il corteo, nonostante fosse mastodontico, si mosse agile, guidato da Don Giacobo Galluzzi e subito si snodò sulla via interna verso Maglie. Il Principe con un gruppo di cavalieri si portò avanti incontro alla compagnia di armati agli ordini del Conte di Alessano, la quale doveva garantire un ingresso imponente in San Pietro.
Isabella della Rovere entra trionfalmente accolta in San Pietro
Il convoglio venne avvistato verso mezzogiorno di quel 10 di giugno, mentre entrava nella contrada Pisanello, e subito gli uscirono incontro i San Pietrini con una compagnia di cavalieri e fanti in numero di cinquecento. Ordinatamente si disposero sulla via formando archi trionfali e con pompa magna, tra squilli di trombe e rullare di tamburi e diedero il primo benvenuto alla loro principessa.
Ma poi un gruppo di giovani di San Pietro vollero prendere immediatamente il morso dei cavalli da cui si affacciava bellissima e sorridente la duchessa Isabella, mandando in visibilio i giovani incantati da tanto splendore. Ma i calabresi però non volevano cederlo, infatti da una parte si era messo Gaetano e dall’altra Francesco i due figli maggiori di Don Giacobo Galluzzi e non volevano mollarlo. Già stavano per dare inizio ad un violento litigio quando sia Don Giacobo che il Duca di Nardò fecero loro segno che dovevano consegnare la guida della carrozza ducale agli uomini di San Pietro.
All’ingresso del paese, dalla porta sud, intitolata a Santa Caterina d’Alessandria, come la vicina Basilica, costruita da Messer Raimondo Orsini Del Balzo, Principe di Taranto, erano stati predisposti gli archi trionfali. Inoltre una schiera di 100 fanciulli e 100 fanciulle, tutti vestiti di bianco e con una palma in mano, accolsero la loro Principessa. Per darle un benvenuto caloroso echeggiava il grido scandito da un banditore di Evviva la Duchessa Isabella”, seguito dal coro squillante dei fanciulli con il loro “Evviva, evviva”. I fanciulli poi si allinearono ed aprirono il corteo diretto verso il palazzo Scanderbeg. Alla guida del gruppo vi era Ettore Scalfo, che ebbe anche l’onore di consegnare un immenso fascio di rose nelle mani di Isabella. Prima di attraversare la porta la Principessa discese dalla carrozza, abbracciò il ragazzo, visibilmente commosso, e, dopo aver ricevuto i fiori, diede il braccio al Principe Bernardino e a piedi, con lui, si avviò verso la Chiesa Madre, subito seguita dall’elegantissimo gruppo di gentildonne. Mentre il corteo sfilava attraverso la porta, furono esplosi molti fuochi d’artificio, arte in cui i San Pietrini erano maestri eccelsi, rendendo la festa dell’accoglienza ancora più calorosa. I monaci del Convento ed i pellegrini dell’Ospedale occupavano il lato destro della strada, lastricata a grandi pietre bianche, col Priore ed il padre Guardiano riverenti tra le colonne ed i leoni della facciata della Basilica, mentre dalla parte sinistra si accalcavano i maggiorenti del paese accorsi a renderle omaggio.
Il Sindaco Don Cola De Vito consegna la chiave della città
Il corteo procedette verso il “Sedile”, sede dell’Università, tra una folla vociante e acclamante, che andava sempre più crescendo. Sui balconi e sulle terrazze, dei palazzi adiacenti la strada, erano disposte coperte colorate, come per la festa del Corpus Domini, e le dame del paese, da cesti impagliati, spargevano petali di rose di ogni colore sui principi al loro passaggio. Giunti al Sedile, il Sindaco Don Cola De Vito, dopo un riverente inchino rese omaggio alla Duchessa e consegnò al Principe le chiavi della città, tra le grida di evviva di tutti. Era la prima volta che la città, da più di un secolo e mezzo, si sottometteva al feudatario di buon grado e con un’imponente cerimonia pubblica. L’ultima volta era stata nel 1420 quando Giannantonio Orsini Del Balzo venne reintegrato nel feudo della Contea di Soleto appartenuto a suo Padre Messer Raimondo. Il corteo, dopo la sosta d’onore, scandita dagli evviva del popolo, si diresse verso la Chiesa Madre ed il castello Ducale. Sul sagrato il capitolo dei preti greci e latini, circondato da una folla di fedeli, accolse i Principi e rese loro il deferente saluto della chiesa locale, così come prima avevano fatto i monaci di Santa Caterina. Inoltre il Monsignor Di Senigallia, ricevuto dalle mani del Parroco l’aspersorio, procedette a benedire i Principi prima che si recassero nel Castello dove li attendeva Maria Castriota Scanderbeg. La dama, cagionevole di salute, ultima legittima discendente dei Castriota Scanderbeg, si era riservato il ruolo finale di consegna del castello avito.
I Principi ed il seguito si inoltrarono nelle sale ove era stato predisposto il banchetto per i gentiluomini del seguito e per i notabili del paese, allietato da una musica leggiadra di archi e madrigali alla moda. Infatti il Duca di Nardò aveva informato i Galatini che i nuovi Duchi di San Pietro amavano i balli e la musica. E pertanto madonna Maria Castriota Scanderbeg, donna di grande cultura, che teneva nel Castello un molto apprezzato salotto letterario, aveva provveduto a impegnare rinomati musici di Terra D’Otranto, guidati dal grande madrigalista frate Benedetto Serafico di Nardò, autore di bellissimi Madrigali a 5 voci. Nella piazza San Pietro, antistante il Castello, intanto la festa proseguì con balli pubblici e distribuzione alla cittadinanza di vini gustosi e vivande squisite, appositamente preparate per la festa dell’accoglienza. E un’orchestrina composta dai più celebri musicisti di Nardò e San Pietro suonò per tutta la notte e la gente ballò allegramente e si divertì sino all’alba, e per la prima volta guardò ai propri duchi con affetto e riconoscenza.