Nicola Cesari e l’informale mistico

Nicola Cesari, pittore di Maglie, porta voragini del sogno, del ricordo, del desidero, porta l’abisso nei suoi quadri. Suo professore all’istituto d’arte G. Pellegrino fu Vittorio Bodini, un genio pieno di orgoglio e di noia, pieno di vertigini ancora oggi poco compreso, un poeta scuro e duro che si vede fino in fondo al cuore, uno imparagonabile, incomunicabile, assurdo, condannato a giustificare le sue fughe e i suoi abissi. Un incontro che sarà fondamentale per la cultura artistica del giovane allievo. Nicola Cesari è artista finissimo, aristocratico, un ricercatore e sperimentatore, che svolge contemporaneamente l’attività di insegnante di discipline artistiche e di critico d’arte. La sua pittura è attratta inizialmente, come osserva Luigi Scorrano – dalle ustioni, dalle ferite, dagli strappi di Burri, o i frammenti delle cose quotidiane di un Rauschenberg, poi la ricerca pittorica e la sperimentazione si fanno incessanti e approda agli spazi cosmici.

Io ci ho visto quel tipo di esplorazione di un fantastico regno interiore, del dramma di un petalo in fioritura su un nero ramo bagnato, qualcosa che si rifà addirittura ai fucilati di Goya, visti sotto metafora, coi blu mentalis, i cobalto, la gamma dei verdi. E poi il maledettismo di Baudelaire, con il vecchio boudoir pieno di rose appassite e il profumo ossessionante di qualche fiala sturata, e le macerie , irrealtà e mistero. Ma anche a Bodini colla descrizione dei suoi tramonti o campagne di sangue da bestie macellate, e a un Benn prismatico che lavora sui vetri, alla ricerca dell’algebra dei frutti maturi, – con quelle sue notti piene, totali, assolute, cosmiche, coi cieli e mari affamati, da tutto quell’ultimo vuoto rotante, privo di significato o dai sconosciuti percorsi delle nubi che stanno sotto di noi, dai voli della luce, dall’oblio degli eoni, dal campo dei papaveri, dal fiato del mondo, dall’apoteosi del nulla.

C’è bisogno di concentrazione e di silenzio per guardare dentro il quadro di Cesari, artista sensibile a tutte le letterature e le religioni, con la volontà di immergersi nel profondo mondo psichico dell’uomo, nelle immagini primordiali, magiche e mitiche che lì, sulla tela, s’incontrano.

Offre al visitatore una molteplicità di spiegazioni, non solo di carattere formale e stilistico, ma concettuali, per la scelta di frantumare calce sabbia scogli e cenere in segni simbolici, per la risonanza di echi di folclore, tradizione, motivi di leggenda, un’opera di affascinante riebolarazione, qualcosa che è insieme arcaico e mistico. (Augusto Benemeglio – culturasalentina.wordpress.com)