Nardò e le sue chiese

Nardò e le sue chiese

La chiesa confraternale di San Giuseppe

di Marcello Gaballo

Volta dell’aula a pianta quadrata

La piccola e pregevole chiesa con annesso oratorio, dedicata a San Giuseppe, fu edificata nel cuore del centro storico a spese della confraternita omonima istituita nel 1619, ed è caratterizzata da un’unica aula settecentesca, con particolare geometria. Completata nel 1758, costituisce uno degli edifici sacri più rilevanti e significativi presenti in città.

Senz’altro inusuale è il profilo della convessa facciata dell’architetto copertinese Adriano Preite, che trova ben pochi riscontri nella provincia leccese; sul portale, un medaglione racchiude il bastone fiorito, attributo iconografico del santo ed emblema della confraternita, corredato dell’iscrizione De Domo David.

Altrettanto caratteristica è la raffinata volta dell’edificio, che sostituì una precedente copertura in legno, probabilmente crollata in conseguenza del funesto sisma del 20 febbraio 1743.

Interessante l’annesso oratorio della confraternita, attualmente adibito a sagrestia, di chiara impronta cinquecentesca, volto a settentrione, con un altare dedicato al SS.mo Crocifisso su cui sono collocati i busti lignei delle sante Caterina e Marina.

Chi entra nel tempio resta però colpito dall’apparato scenografico dell’altare maggiore, dedicato a San Giuseppe, di epoca anteriore rispetto ai due altari laterali dedicati ai martiri Sant’Apollonia e Sant’Oronzo, entrambi del XVIII secolo.

Altare maggiore

L’altare, che occupa interamente la parete frontale,  è finemente lavorato in pietra locale, il cui colore va dal bianco al giallo nuvolato, che si presta molto bene per l’ornato lapideo. Risaltano le quattro colonne tortili e il fastigio con le statue di Santa Teresa d’Avila e dell’Angelo Custode; di ottima fattura anche quelle dei due apostoli collocate simmetricamente su mensole negli intercolumni (San Giovanni Evangelista a sinistra e San Matteo a destra).

L’impaginazione globale, lo stile delle colonne con i vari motivi zoomorfi e fitomorfi, la fisionomia e le pose dei putti bizzarramente disposti, la trabeazione con il suo cornicione dentellato, tutto fortemente connotato per la modellazione plastica, rimandano ad opere scultoree di ottimo livello, come tante altre presenti in città e nel Salento, noto per l’esuberanza del suo barocco.

L’elemento che risulta di maggior pregio è l’altorilievo de La Sacra Famiglia in Viaggio, racchiuso in una dorata cornice lapidea, finemente elaborata con elementi vegetali. Nella scena la Sacra Famiglia è rappresentata con un angelo che la guida, tenendo la cavezza dell’asino sul quale è seduta la Vergine. Questa, al centro della composizione, siede trasversalmente sul dorso dell’animale e sul grembo teneramente sostiene il Bambino semidisteso, accuratamente sorretto con entrambe le mani. Giuseppe, posto a sinistra, chiude la scena, e trattiene con la mano sinistra il bastone fiorito. Aureolato come la Sposa, mentre il Figlio ha una aureola raggiata, Giuseppe ha lo sguardo rivoto al cielo, mentre le altre figure appaiono sorridenti. Sorride Maria, il bambino Gesù, l’angelo intento a raccoglie i datteri dalla palma prodigiosa, secondo l’episodio narrato dai vangeli apocrifi. Sorride anche l’asino, partecipe del destino di salvezza che in quel viaggio si attua.

La Sacra Famiglia in viaggio, altorilievo, secolo XVI

Lo sciagurato restauro di qualche decennio fa, nell’intento di porre in evidenza le figure apponendo una coloritura retrostante, in realtà ha nascosto l’elaborato paesaggio che in origine inquadrava la  scena: un albero di palma in corrispondenza dell’angelo, un altro tra questo e la Vergine; in lontananza una città, come facevano intuire le due costruzioni in muratura, delle quali una turrita, che si intravedevano tra il santo e il braccio destro della Vergine. A completamento della scena sono scolpiti, in lontananza e fino al lato sinistro, altri alberi di palma.

Il rinvenimento fortuito di due foto ravvicinate del bassorilievo, eseguite durante gli ultimi lavori di restauro, consentono di poter descrivere l’aspetto originario della bellissima composizione, del tutto anomala rispetto all’iconografia cui siamo abituati. L’impaginazione pare rispecchiare fedelmente l’iconografia bizantina di Maria assisa frontalmente (“Sedes sapientiae”), mentre le particolarità compositive ed esecutive portano a ritenerla un’opera tardo-rinascimentale di altissima fattura.

Tutta la mostra d’altare fa da cornice ad una grande ed iconograficamente complessa tela del santo titolare della chiesa, che si ritiene di attribuire al pittore neritino Donato Antonio D’Orlando (Nardò, 1562 ca. – Racale, 11 dicembre 1636): sono presenti sei medaglioni di contorno che illustrano le scene della vita di san Giuseppe, dallo Sposalizio alla Morte, e sullo sfondo, la Fuga in Egitto.

Antonio Donato D’Orlando (attr.), San Giuseppe con il Bambino Gesù, olio su tela, primi decenni secolo XVII

Nel dipinto il santo è effigiato in primo piano in compagnia del Figlio, nell’atto di far dono al bambino Gesù di un mazzetto di ciliegie, riferimento simbolico alla Redenzione, ma anche rappresentativo della terra di Puglia.

Negli smussi della volta si trovano le due tele del Beato Transito e dello Sposalizio di San Giuseppe; nelle lunette angolari le tele con i quattro Evangelisti, e nei finestroni le vetrate istoriate (inserite nel 1950) raffiguranti ancora scene della vita del santo.

Le foto sono di Lino Rosponi