Tra Galatina e Galatone

L’antico Casale Tabelle

di Massimo Negro

E’ un po’ come una sorta di rifugio per la mia mente. Un luogo dove gli unici suoni ammessi sono lo scricchiolare della terra sotto i propri passi, il cinguettio degli uccelli con il loro improvviso sbatter d’ali, e il fruscio dell’ondivago movimento delle fronde degli alberi.

Le macchine che si incrociano per le stradine sono poche e procedono lentamente, quasi a voler chieder permesso, per non disturbare.

Ingresso Casale Tabelle

Tra Galatina e Galatone, in un luogo in cui, fortunatamente, la mano dell’uomo non ha lasciato ancora segni devastanti di radicale peggioramento dell’ambiente. Tutt’altro. La presenza ininterrotta di muretti a secco a limitare le stradine, e l’incredibile distesa di alberi d’ulivo, consentono ancora alla mente  di tornare indietro nel tempo quando, il fulcro economico e sociale delle nostre comunità era l’agricoltura.

Chiesetta di Cristo di Tabelle

La zona è denominata “Tabelle”, e qui aveva sede anticamente un nucleo abitativo che con il tempo e con l’accadere di diverse vicissitudini, contribuì alla nascita della vicina Galatone.

Cosimo De Giorgi, verso il finire dell’800, scrive:

“Galatone surse dalle rovine di due casali denominati Tabelle e Fulcignano (1). Del primo resta il nome di una contrada rustica nella quale esiste una cappella detta Cristu de Taeddhre, per un Crocefisso che vi è dipinto a fresco nell’interno.”   

Un luogo ricco di storia. Ma andiamo per gradi. Mi piace ripercorrerlo come l’ultima che ci sono stato, raccontando al tempo stesso, in breve, le diverse chiacchierate fatte nel corso delle mie diverse passeggiate con contadini e persone del luogo.

Come al solito parcheggio al lato della stradina. Sembra quasi automatico ogni volta che giungo lì, ma il primo gesto che compio non appena sceso dalla macchina è respirare profondamente. Un lungo e profondo respiro, per far assaporare alla mia mente la nuova dimensione in cui mi trovo. Lontano dal sempre presente computer, dal traffico, dagli aerei e, nessuno si dispiaccia, dall’incessante fiume di parole che ogni giorno si riversa nei miei padiglioni auricolari. Silenzio.

Apro lo sportello posteriore e prendo la borsa della macchina fotografica. Inizio a percorrere un breve tratto sterrato e a sinistra mi compare lui, alto, maestoso e, ancora oggi dopo tante volte, inaspettato. Un grande e vecchio albero di noce. Del tutto inusuale rispetto alla sua collocazione.

Entro nello stretto e lungo podere che mi conduce alla radici dell’albero. E’ strano a vederlo da lontano, sembra quasi che i rami crescano direttamente dal terreno, quasi fosse un enorme cespuglio nodoso. Invece il suo lungo tronco e le sue radici hanno trovato dimora all’interno di una suggestiva cavità carsica.

La prima volta che ci andai, chiesi ad una persona del luogo dove fosse una grotta della quale avevo letto qualche accenno su un articolo.

Lu viti l’alberu ertu ertu? A ddhai a scire, ‘nnu te poti sbajare!

In effetti, nonostante il tronco si sviluppi in altezza in gran parte all’interno della cavità, è comunque talmente alto da sovrastare le chiome dei vicini alberi d’ulivo, rendendosi ben visibile anche da lontano.

La grotta non è “disabitata”. E’ frequentata da volpi e da civette, sfortunatamente per me fin troppo leste per fotografarle. Una rozza scalinata conduce all’interno di quella che è conosciuta come Grotta del Noce.

E’ costituita da un unico grande ambiente di grande proporzioni. Il piano di calpestio si nota subito che non è quello originale, ma vi è un significativo strato di terra di riporto. Alcune piccole cavità lungo la parete sinistra fanno pensare ad un suo utilizzo da parte dell’uomo nel passato.

Ingresso della grotta del Noce

La persona che la prima volta mi aveva indirizzato verso la Grotta, e   che ho più volte incontrato nelle mie passeggiate successive, mi racconta che avevano provato ad effettuare dei sondaggi ma che al momento era tutto fermo. Forse, mi raccontava, alla ricerca dell’imboccatura di un cunicolo che partendo da lì e inoltrandosi per le campagne, condurrebbe al Castello di Fulcignano e, da lì, giungere sino alla grotta posta a lato dell’antica Abbazia di San Mauro sulle Serre Salentine.

Forse notando la mia espressione dubbiosa, mi chiese di accompagnarlo in un luogo distante circa duecento metri in linea d’aria dalla grotta, ove vi era l’imboccatura di quello che a me sembrava un normale pozzo di campagna.

Invece, mi spiegò, che quello era un punto di accesso ad un ampio cunicolo all’interno del quale, mi raccontò, qualche anno addietro un gruppo speleologico si era calato provando a percorrerlo, ma riuscendoci solo per poche decine di metri a causa della profonda oscurità.

Nel tempo non sono riuscito a raccogliere dei riscontri, ma la storia è talmente bella che per un  narratore come me, non studioso e non tenuto all’osservanza delle rigide regole degli archeologi e degli storici, è sicuramente così suggestiva da essere comunque raccontata.

Lascio la macchina nei pressi della Grotta del Noce e, a piedi, mi avvio verso una piccola chiesetta imbiancata a calce. La chiesetta del XVIII secolo è dedicata all’Esaltazione della Croce, ma è più nota come Cristu ti Tabelle.

Grotta del Noce – Interno

E qui la storia, il sentimento religioso e le credenze popolari si intrecciano creando un suggestivo connubio. Alcuni degli anziani del posto mi raccontano che in questa cappella nacque la devozione al Crocifisso, ancor prima che venisse eretto il maestoso santuario di Galatone. Ed è singolare vedere negli affreschi della parete centrale una sorta di commistione tra le tradizioni religiose di Galatone, rappresentate appunto dalla crocifissione, e le tradizioni galatinesi, con le immagini dei Santi Pietro e Paolo che sono posti ai lati della croce e con lo sguardo rivolti ad essa.

Tabelle antico casale della storia di Galatone, ma posto al confine con Galatina dove ebbero a passare Pietro e Paolo durante il loro tragitto che li condusse al martirio a Roma.

Una persona del luogo mi racconta che nei pressi vi erano delle tombe, ora scomparse. Mi racconta anche il motivo, ma non lo posso riportare in mancanza di riscontri provati. A sentirlo parlare, con profonda amarezza, mi sembra di capire che sono dinanzi all’ennesimo caso di incuria e menefreghismo rispetto ai lasciti del nostro passato.

Sino a qualche anno fa, nello spiazzo dinanzi alla chiesetta, si teneva una festa popolare il 14 di settembre. Usanza caduta in disuso per il disinteresse, mi raccontano, delle autorità e della chiesa.

Verso la fine della nota farò un breve accenno anche a questo.

Riprendo il cammino e mi dirigo verso una depressione nel terreno, quasi una piccola vallata, attraversata dal Canale dell’Asso. Se ci si affaccia dal piccolo ponticciolo durante i giorni d’estate, non è infrequente notare numerose rane sonnecchianti tra l’erba e i canneti.

Oltre il Canale dell’Asso si staglia l’imponente Masseria Doganieri con la sua grande torre colombaia.

Canale Asso e Masseria Doganieri

A destra si notano, accanto ad una casa di recente costruzione, quel che resta di Masseria Monacelle. Dell’impianto originario resta ben poco, e quel poco che è rimasto, mi dice un contadino del luogo, è alquanto pericolante. Chissà ancora per quanto resterà in piedi.

L’anziano mi racconta che il luogo nel lontano passato era abitato da suore e chissà cosa potrebbe rivelare il terreno circostante se adeguatamente indagato. All’interno dell’area vi è una strana fossa. Quando era bambino all’interno, mi dice, allevavano i conigli.

Gli chiedo com’era la zona al tempo in cui lui era bambino. Mi racconta che era molto abitata e che la masseria aveva un forno capace di cuocere una gran quantità di pane. I furneddhri della zona, ora vuoti, erano rifugio e casa per tante persone. Alcune casupole sono state con il tempo abbattute e sostituite da ville di campagna con alte mura di perimetrazione. Ora lui ci torna solo per coltivare un piccolo appezzamento di terra alle spalle della masseria.

Faccio qualche passo indietro e mi inoltro per una stradina sterrata costeggiata da un alto muretto a secco dalla singolare tecnica di costruzione. Supero quello che ormai è il rudere dell’antico granaio della masseria e dopo una lieve curvatura della stradina, scorgo sulla sinistra un piccolo edificio in mattoni.

Sono giunto alla chiesa di Santa Lucia.

Chiesa di Santa Lucia

Una piccola chiesa sconsacrata che gli studiosi ritengono essere l’unica struttura religiosa giunta sino a noi delle numerose chiese che costellavano il casale medievale di Tabelle. La chiesa ha subito diversi rimaneggiamenti strutturali rispetto all’impianto originario.

Chiesa di Santa Lucia – Interno

L’originario ingresso si trovava sul lato che da sulla stradina. Ora è murato ma è rimasta l’antica lunetta con alcune piccole tracce di intonaco, sulla quale vi era dipinta la santa a cui è dedicata la chiesa.

L’attuale accesso è ora posto su quello che doveva essere il lato destro della struttura. C’è un elemento architettonico che lo rende particolarmente significativo.

Si tratta dell’architrave sulla quale sono presenti alcune figure scolpite. Cinque di queste ricordano delle figure vegetali, mentre i restanti ricordano stemmi e una croce greca.

Le caratteristiche dell’architrave, un pezzo unico, fanno pensare che sia stato riposizionato lì al momento dell’apertura del nuovo accesso, magari riutilizzando un pezzo decorativo che era “avanzato” nelle diverse modifiche subite dalla chiesa nel tempo.

Per vedere cosa vi era all’interno, in una delle mie prime passeggiate, dovetti portarmi una scala da casa in modo da poter arrivare all’altezza della finestra posta sopra la porta.

Un contadino mi ha raccontato che lui se la ricorda sempre abbandonata e, soprattutto, utilizzata sino al recente passato come deposito di attrezzi agricoli. La dentro, mi raccontava, ci mettevano di tutto, dalla paglia al tabacco e, durante l’estate, c’era chi vi dormiva.

Negli anni ottanta del secolo scorso, grazie all’Archeoclub di Galatone, venne sottoposta ad alcuni interventi di restauro di carattere statico.

La zona intorno è bellissima. Il terreno degrada dolcemente verso l’alveo del canale, tra antichi alberi d’ulivo e il verde dell’erba. Qui il silenzio regna assoluto. Questo è un luogo dove quasi naturalmente storia, fantasia e leggende si incontrano.

A ulteriore testimonianza della rilevanza storica dell’area occorre considerare che nella zona vi è una cripta denominata De Giorgi. Originariamente un inghiottitoio carsico, simile ad un’altra cripta in territorio di Nardò, Madonna della Grottella (2), venne adibita intorno ai secoli XI XII per uso cultuale. Chi ha avuto la fortuna di visitarla, ci racconta che all’interno vi sono tracce di affreschi risalenti al XV secolo.

Purtroppo ora il sito non è visitabile perché la proprietà ha impedito l’accesso.

Nel raccontare questa splendida porzione del nostro territorio, avevo lasciato in sospeso il tema autorità competenti. Ora è giunto il momento di affrontarlo.

Intanto capiamo a chi spetta cosa.

La Grotta del Noce, la Grotta De Giorgi e la Chiesa di Cristo di Tabelle ricadono all’interno del Comune di Galatina. A Galatina ci sono da una decina d’anni e, nonostante questo, mi pregiavo del fatto di conoscere molto bene il suo territorio al di fuori del centro storico. Devo ammettere che mi sbagliavo. Di questi siti non vi è traccia nei principali libri di storia di Galatina. Per fare un ulteriore esempio di questa sorta di “amnesia collettiva”, sul sito del Comune di Galatina, tra i tanti siti di interesse storico, nessuno di questi è riportato.

A sentire un abitante del posto, “ … il Comune di Galatina si ricorda di noi solo quando ci deve mandare qualche tassa da pagare …”. Ritengo che il tema oggetto di questa nota possa suggerire qualche riflessione a chi di competenza.

La chiesa di Santa Lucia e quel che rimane di Masseria Monacelle ricadono nel Comune di Galatone. Anche in questo caso sarebbe opportuna qualche azione concreta volta al recupero di questi siti.

Personalmente ritengo che l’intera area abbia delle potenzialità enormi. Se i due Comuni collaborassero si potrebbe realizzare un Parco Archeologico, percorsi ciclo turistici di particolare bellezza e suggestione.

 

Si è perso, e ormai da tempo, il gusto del bello, il bello dei luoghi.
Galatina e Galatone facciano in modo, per loro e per noi salentini,  di salvare e valorizzare questi luoghi.