Era un carissimo ragazzo, amico di tutti, poi, per cause ai più rimaste ignote, scomparve prematuramente il 28 ottobre 1966, all’età di appena trentaquattro anni.
Noi lo chiameremo “Ùcciu” (che poi è il diminutivo abbreviato di “Antonucciu”, da Antonio), senza indicare il cognome, perché i fatti, che più innanzi racconteremo, potrebbero, in qualche modo, essere un pochino lesivi della sua memoria.
Soltanto
“Ùcciu”, quindi, perché così lo abbiamo conosciuto e frequentato, quando lui, ancora studente liceale, si univa a noi, di qualche anno più grandicelli, che già ci confrontavamo coi ponderosi testi delle varie facoltà universitarie.
Era un bravo ragazzo, “sanu-sanu” – come si dice a Nardò – come l’aveva fatto “màmmasa”, un ragazzo cioè assai ingenuo e senza furberia alcuna, amante della verità, anche se ciò spesso gli costava incomprensioni ed ostilità.
Ùcciu si teneva ben distante dall’assumere comportamenti che non fossero sorretti dai principi della lealtà e del rispetto. Per tale motivo, dopo essersi iscritto alla Democrazia Cristiana, che lui riteneva fosse frequentata da persone umili ed oneste, ebbe a scontrarsi di continuo con gli affiliati e i maggiorenti di questo partito, che, a differenza dei suoi nobili ideali,
miravano unicamente a conservare i privilegi derivanti dal potere.
Politicamente quelli di Ùcciu erano tempi di accesissima e velenosa contrapposizione ideologica, che portava all’esasperazione della lotta politica. I Democristiani, ad esempio, predicavano che i Comunisti fossero l’incarnazione
del Male, rivolto alla conquista del potere anche con la violenza, e se necessaria “a manu armata”. I Comunisti, dal loro canto, descrivevano la Democrazia Cristiana un partito di corrotti e di ladri.
Data la sua collocazione politica, Ùcciu, nonostante l’indiscussa onestà intellettuale che lo caratterizzava, respirava inconsapevolmente l’aria malsana che circolava per la città, fatta di invettive, di accuse, di calunnie (il più delle volte pretestuose e non vere) lanciate contro la parte avversa.
Anche Ùcciu finì col cadere nel vortice impetuoso del “botta e risposta” tra i due versanti politici, ritenendo innocentemente che i “suoi” si trovassero dalla parte giusta.
Se, per esempio, si diceva in giro che in Russia i Comunisti avessero trasformato le chiese in luoghi di crapula e gozzoviglie, il nostro, credulone per natura, finiva con l’accettare quell’obbrobrioso sproloquio.
Addirittura Ùcciu, tormentato dal dubbio, volle scrivere in Russia ad un suo conoscente per conoscere l’esatta verità. Dopo qualche tempo dall’Urss quell’amico gli rispose negando ogni cosa e accludendo alla missiva una serie di foto a colori (in quei tempi circolavano soltanto foto in bianco e nero), dalle quali appariva in maniera inequivocabile come i Popi celebrassero liberamente le Messe e impartissero i sacramenti ai fedeli, così come veniva fatto a Nardò.
L’uomo, perciò, ravvedutosi di quanto ingannevolmente sostenuto dai suoi dirigenti politici, fece pubblica mostra di tali fotografie, facendo così incavolare (usiamo un eufemismo) un dirigente della DC locale, il quale non mancò, preso da una rabbia incontenibile, di apostrofarlo con parolacce di inaudita bassezza e di lacerargli in faccia le foto, adducendo che quelle erano state scattate oltre vent’anni prima dell’ascesa dei bolscevichi in Russia.
Insomma erano foto risalenti ai tempi dell’ultimo zar.
Se in giro circolava la voce che i Comunisti arrivassero persino a mangiare i bambini, se colti da improvvisa fame, lui, il nostro Ùcciu, anche se inizialmente turbato da simile grave atto, finiva coll’ingoiare la calunniosa diceria e, perfino, ad accusare pubblicamente gli avversari politici.
Era un onesto, ma l’onestà di Ùcciu spesso confinava con l’ingenuità, sicché era portato a credere anche alle più grossolane corbellerie, come quando, sull’onda di una propaganda politica velenosa e senza esclusione di colpi, un tizio ebbe a dirgli, scherzosamente, che nella sezione del PCI cittadino, posta al primo piano di Via Vittorio Emanuele III, fossero occultate armi da guerra e perfino un carro armato.
Il nostro Ùcciu, preso stavolta da un grosso dubbio, non disdegnò di fermare il segretario politico di quella sezione e di domandargli se quella notizia corrispondesse al vero.
Apriti cielo: per poco non scoppiò la terza guerra mondiale.
Ùcciu si iscrisse alla Democrazia Cristiana perché era l’unico partito in Italia a coniugare le idee politiche con i valori cristiani, in cui lui credeva ciecamente.
Che la sua fede nella religione fosse un fatto connaturato al suo essere cristiano, non c’era alcun dubbio, perché da sincero ed onesto qual era, credeva fermamente nei dogmi della fede e, perciò, anche nei miracoli operati dai santi. Miracoli che potevano essere compiuti, secondo la sua opinione, solo da coloro che dedicavano l’intera vita all’amore e ai principi cristiani.
Ùcciu credeva in queste cose e si sforzava di rispettare i dettami del Vangelo in ogni momento della giornata e di attuarli. Lo si vedeva frequentare la chiesa, aiutare i poveri e i sofferenti, recitare le preghiere del mattino e della sera. Insomma pensava di essere un santo vivente.
Era consuetudine per lui, soprattutto durante i mesi estivi, recitare all’imbrunire il santo Rosario coi vicini di casa di Via Baracca, dov’è egli abitava coi suoi. Raccontava loro le parabole, i miracoli operati direttamente da Gesù Cristo, come quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, della resurrezione di Lazzaro, quelli di Padre Pio, di Sant’Antonio da Padova, ecc.
Una sera, poi, volle dar prova di come San Giuseppe da Copertino si librasse in aria e volasse per le vie del paese.
Salito su un ammezzato, ad alcuni metri di altezza, iniziò ad agitare le braccia, come a voler imitare gli uccelli e spiccò il volo… ma, ahi ahi, cadde rovinosamente per terra, fratturandosi, buon per lui, la gamba e lanciando grida di dolore.
Forse quella caduta gli fu salutare, perché, da allora e sino alla sua prematura morte, non si sentì più parlare in giro di Ùcciu.
Peccato, un vero peccato, perché la nostra inquieta e sonnacchiosa Nardò avrebbe senz’altro avuto bisogno di un altro San Giuseppe per abbonire i suoi cittadini, come non mai dediti a tutti i vizi capitali e dimentichi delle buone maniere e virtù.
Per noi, però, che l’abbiamo conosciuto e, per certi versi, amato e stimato, rimarrà come un santo mancato… o meglio, come un santo particolare, del tutto nuovo.
E perciò, d’ora in poi, noi neritini, il 28 ottobre di ogni anno festeggeremo Sant’Ùcciu, protettore… dei creduloni.