L’affondamento dell’incrociatore “Leon Gambetta”
di N.B. Vacca
Entrando nel Santuario di Santa Maria di Leuca sul lato sinistro potete notare una lapide il cui testo in lingua francese recita:
A la memoire
du Contre Amiral Sènés
du
Cap.ne De Veau Andrè
de l’Etat – Mayor
et de
l’Equipage
du
CROISEUR CUIRASSE
LEON GAMBETTA
morts
pour
la France
le 27 avril 1915
Inoltre anche una via di Santa Maria di Leuca è intitolata : “Leon Gambetta”.
La lapide e il nome della strada ricordano una drammatica storia di guerra avvenuta nel mare antistante che coinvolse la gente della piccola cittadina alla vigilia dell’entrata dell’Italia nella guerra del ’15 – ’18.
Nel mese di aprile 1915 la 1^ guerra mondiale divampava in Europa da circa 10 mesi, l’Italia era ancora neutrale, ma le forze politiche favorevoli ad un intervento in guerra a fianco degli alleati prevalevano ormai sulla volontà dei non interventisti.
Una ulteriore spinta all’intervento italiano venne dal Patto di Londra stipulato il 24 aprile 1915 tra Francia, Gran Bretagna e Russia che in tale circostanza fecero promesse di vantaggi territoriali all’Italia per spingerla in guerra al loro fianco.
I primi mesi di guerra sui mari, nel Mar del Nord e nell’Atlantico, avevano dimostrato la pericolosità di una nuova arma: il sommergibile armato di siluri.
(A sn. il C.te von Trapp sulla torretta dell’U-5)
Al contrario nel Mar Mediterraneo non era ancora iniziata la guerra al traffico mercantile su vasta scala da parte dei sommergibili, la loro pericolosità si era manifestata in misura modesta e non era ancora stata valutata nella sua interezza.
Il maggior impegno contro la Marina Austriaca era stato sino ad allora sostenuto prevalentemente dalla flotta francese al comando del viceammiraglio Bouè de Lapeyére.
La flotta francese aveva effettuato delle incursioni in forze con grandi navi di superficie e sommergibili nell’alto Adriatico con risultati modesti per la mancata reazione della flotta austriaca, questa a sua volta era riuscita con agguati di sommergibili a silurare la corazzata francese Jean Bart che fortunosamente non affondò e riuscì a rientrare nella sicura base di Malta.
Da allora i francesi decisero di bloccare l’Adriatico al suo ingresso, a sud del Canale di Otranto in modo da impedire alle navi da guerra e ai sommergibili austriaci e tedeschi di uscire verso il mare Jonio o di rientrare nelle basi del nord adriatico.
Le navi adatte per tale missione sarebbero state gli incrociatori leggeri, ma non avendo la disponibilità di questi la missione fu affidata a quattro incrociatori corazzati che partendo da Malta, navigando a bassa velocità per risparmiare combustibile, pendolavano su e giù nel tratto di mare compreso tra Capo di Leuca e lo scoglio di Lefcas a sud dell’isola di Corfù in missione di vigilanza.
La pianificazione della missione sottovalutava il pericolo costituito dai sommergibili austriaci per le navi che navigavano lentamente, senza scorta e sempre nello stesso tratto di mare; tali navi, inoltre, come tutte le navi del tempo, non erano in grado di resistere ad esplosioni di siluri o mine.
La notte del 27 aprile 1915 l’incrociatore corazzato Leon Gambetta mentre navigava a circa 20 miglia dal Capo di Leuca venne silurato e colpito dal sommergibile austriaca U.5 comandato dal Tenente di Vascello Georg Ludwig von Trapp.
L’esplosione di un siluro sulla fiancata sinistra fece mancare subito la corrente elettrica rendendo inutilizzabile la radio per lanciare segnali di soccorso mentre un secondo siluro esploso a poppa fece capovolgere la nave che in pochi minuti affondò.
Nell’affondamento perirono l’Ammiraglio Senès, il Comandante Andrè con tutto lo Stato Maggiore e circa 700 marinai. Centotto uomini dell’equipaggio riuscirono a trovare posto su una lancia a remi con circa 60 posti. Quella notte il mare era calmo ed era illuminato dalla luna.
Dopo alcune ore di voga verso la costa salentina, guidati dal faro di Capo di Leuca, i naufraghi giunsero nei pressi della costa. Qui si imbatterono con il responsabile del semaforo di Leuca, il Capo semaforista Sandri, che si trovava in mare con una barca con alcuni amici pescatori. Il sottufficiale della Marina e i pescatori li guidarono sulla spiaggia, da qui furono accompagnati e ospitati presso il semaforo posto vicino al Santuario.
La mattina del 27 aprile la popolazione di Leuca e quella di Gagliano del Capo si trovarono improvvisamente a contatto della realtà di una guerra che sembrava lontana dall’Italia, ma che in effetti già divampava sulla sponda opposta dell’Adriatico a pochi chilometri di distanza in linea d’aria.
Dal semaforo di Leuca , mediante telegrafo fu inviata a Brindisi e a Taranto la notizia dell’affondamento accompagnata dalla richiesta di viveri e vestiario per i naufraghi.
Da Brindisi partirono alcune torpediniere che recuperarono sul luogo dell’affondamento altri 27 naufraghi ed alcune salme mentre da Taranto partirono cinque cacciatorpediniere che recuperarono altre salme. Tutte furono sbarcate a Leuca dove ricevettero degno funerale.
Il Leon Gambetta era un incrociatore corazzato costruito in quattro esemplari presso i cantieri navali di Brest nel 1901 e consegnato alla Marina francese nel 1905; era lungo 148 metri, dislocava 12.500 tonnellate, aveva una velocità di 23 nodi, un equipaggio di 850 uomini, modernamente armato e ben protetto dalle offese provenienti da navi di superficie, ma era vulnerabile alle offese subacquee come tutte le navi del suo tempo perchè non era stata ancora recepita la letalità delle nuove armi subacquee e non erano ancora state trovate soluzioni costruttive soddisfacenti per proteggere le navi da questi attacchi.
Dopo l’affondamento del Leon Gambetta le navi maggiori evitarono di eseguire nuove incursioni in Adriatico e con l’entrata in guerra dell’Italia la Francia lasciò alla Marina Italiana la responsabilità del controllo di questo mare.
L’affondamento della nave francese commosse gli animi per l’elevato numero di vittima e fu il segnale della raggiunta efficienza dei sommergibili austriaci che insieme a battelli tedeschi nei mesi successivi avrebbero provocato numerosi altri affondamenti di navi nel Mediterraneo.
(A sn. Leonce Mauxion, uno dei marinai francesi superstite)
Nei mesi successivi una maggiore quantità di navi antisommergibili, con l’appoggio di navi di navi da guerra di maggiore stazza italiane ed alleate, pattugliò il Canale d’Otranto e nel periodo tra il 1917-1918 fu steso da Otranto sino all’altra sponda adriatica un grandioso sbarramento continuo di reti e di campi minati che impedì completamente il passaggio ai sommergibili austriaci e tedeschi sia in uscita che in entrata nel Mare Adriatico.
(articolo pubblicato su “La Spina de rizzu” del 15 agosto 1991)