Una lingua morta, ma che è sempre presente nella nostra vita
In medicina, in botanica, in biologia, nei tribunali, nelle orazioni, nei dialetti meridionali, nel linguaggio parlato, ecc. incontriamo termini latini ai quali spesso facciamo riferimento
di Inno Vovetus
Nelle nostre espressioni dotte spesso utilizziamo termini latini per far comprendere meglio il significato del nostro dire. Tutto ciò ce lo spieghiamo perché la nostra lingua ha un’origine latina, allo stesso modo della lingua portoghese, spagnola, francese, ladina, rumena. Oggi, però, si sono insinuate prepotentemente lingue di altre culture non latine. L’origine di tutto ciò è da addebitare alla globalizzazione selvaggia, in cui prevale e si afferma chi è più forte, soprattutto economicamente. Basta dare uno sguardo ai giornali e riviste, ai film e documentari, ai congressi internazionali, alle istruzioni su determinati prodotti, alle informazioni aeroportuali e ferroviarie, alla pubblicità televisiva e radiofonica, ai tanti termini presenti nei computer e cellulari, ecc. Si è generata una confusione tale da creare grossi disagi soprattutto nelle persone anziane e, quel che è peggio, un preoccupante disordine linguistico.
Sarà un bene, sarà un male? E’ difficile stabilirlo. Una cosa è certa: la bella lingua italiana dei Pirandello, Manzoni, Carducci e Verga, ecc. ormai vive una lenta agonia.
In questa nuova rubrica, invece, faremo una sorta di retromarcia temporale e tratteremo scene di vita, modi di dire, espressioni, sentenze, motti, proverbi e tutto ciò che riguarda l’antico e fascinoso mondo della gens latina.
Inizieremo il nostro cammino a ritroso, partendo da una nota sentenza risalente alla prima civiltà latina.
Dice testualmente: “Ibis, redibis, non morieris in bello”.
Tradotta in italiano sarebbe: “Andrai, tornerai, non morirai in guerra”.
Sorge spontanea la domanda. Chi si esprimeva in tal modo e a chi era rivolta questa frase? Prima di dare una esauriente risposta, è bene fare un po’ di chiarezza.
Alcuni soldati romani, prima di andare in guerra, solevano recarsi a Cuma in Campania per farsi dare dalla sibilla l’oracolo, cioè per conoscere se fossero sopravvissuti o se fossero morti in guerra. La sibilla, infatti, era una sorta di maga che prediceva il futuro. Essa si faceva pagare anticipatamente il prezzo stabilito. Subito dopo si lasciava andare in trance, si contorceva emettendo dei lievi lamenti o mormorii, per poi ritornare pian piano nella sua normalità. Solo allora poteva confezionare l’oracolo e consegnarlo verbalmente al soldato.
Colui che fortunatamente sopravviveva alla guerra, si vantava con gli amici di essere sfuggito alla morte, grazie all’intervento salvifico della sibilla. L’episodio, quindi, si chiudeva felicemente, secondo quanto aveva predetto la donna.
Nel caso in cui il soldato non fosse sopravvissuto, nessuno avrebbe potuto reclamare alcun risarcimento, ovviamente per la mancanza del diretto interessato.
A volte, però, i familiari d’un soldato morto in guerra, avendo saputo anzitempo dal figlio che sarebbe sopravvissuto grazie all’oracolo della sibilla, appresa la notizia della sua morte, si recavano a Cuma per protestare e chiedere i danni morali e materiali alla maga.
La donna, per niente spaventata e senza scomporsi più di tanto, mostrava ai genitori l’originale scritto dell’oracolo consegnato al soldato morto, in cui era riportato il seguente testo: “Ibis, redibis non, morieris in bello”.
Il testo di questo oracolo sembra identico a quello riportato all’inizio, ma, se si fa un po’ d’attenzione, c’è una virgola cambiata di posto, che altera completamente il senso della frase.
Infatti questa seconda versione va così tradotta:
“Andrai, ritornerai non, morirai in guerra”.
Era bastato spostare la virgola dopo il “non” per capovolgere completamente il significato dell’oracolo.
I poveri genitori, spesso ignoranti, accettavano, anche se mal volentieri, la giustificazione della sibilla e se ne tornavano a Roma “infelici e scontenti”.
In questo modo la donna aveva in ogni caso ragione ed ovviamente faceva affari d’oro per via dei suoi oracoli sempre… azzeccati.
Morale della sentenza
Nella vita è necessario prestare la massima attenzione a tutto ciò che viene scritto, perché, a volte, basta un nonnulla, a prima vista insignificante, per sconvolgere il contenuto dello scritto.
“Si tratta di un ibis redibis!”, si usa dire quando, ad esempio, una legge è formulata in termini contorti, oppure quando una circolare ministeriale è di ambigua e dubbia interpretazione, dove basta spostare o aggiungere una virgola per trasformare un diritto in un’obbligazione, un arretrato da riscuotere in un’imposta da pagare.
Un’altra frase latina molto ambigua è la seguente: “Porta, patens esto, nulli claudaris honesto”, cioè “Porta, stai aperta, che tu non sia chiusa a nessun galantuomo”. Ma se andiamo a spostare la virgola subito dopo il termine “nulli”, la frase cambia completamente di significato, che diventa: “Porta, tu non sia aperta a nessuno, resta chiusa al galantuomo”.
Perciò, state attenti, amici lettori, sgranate gli occhi e aguzzate l’ingegno prima di firmare, con molta ingenuità, un atto poco chiaro, che in futuro potrebbe ritorcersi contro di voi.