Giocare con l’arte
“Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”
Bruno Munari
La conoscenza del mondo, per un bambino è di tipo plurisensoriale. Tra tutti i sensi, il tatto è quello maggiormente usato. Il tatto completa una sensazione visiva e auditiva, dà altre informazioni utili all’esplorazione di tutto ciò che lo circonda. Quando un bambino di qualche mese “gattona” e tocca le fredde piastrelle, il soffice tappeto, il muro ruvido, la guancia della mamma… impara moltissime cose. Se si provasse a spiegare a parole queste sensazioni senza che lui le provi fisicamente, ci troveremmo in difficoltà e il bambino non capirebbe.
NON TOCCARE! spesso si sente ripetere al bambino questa imposizione, nessuno direbbe mai: non guardare, non ascoltare, pare che per il tatto sia diverso, molti pensano che se ne possa fare a meno. Infatti, andando avanti nel tempo il bambino comincia a trascurarlo, condizionato da un’educazione limitativa, orientata a privilegiare la vista e l’udito.
Il laboratorio tattile si prefigge lo scopo di riconquistare questo strumento di conoscenza diretta proprio del bambino, attraverso attività di apprendimento esperienziale progettate ad hoc (personalizzate) rispetto ai bisogni educativi propri di ciascun bambino/a. Giocare con il tatto allarga il campo delle percezioni, offre una base sempre più solida nello sviluppo dell’intelligenza, l’affinamento dei sensi indispensabile a preparare il bambino/a all’esplorazione e alla comprensione degli ambienti di vita e delle relazioni.
Il gioco e il tatto sono i due elementi principali che contraddistinguono il laboratorio: il gioco perché è il modus vivendi proprio del bambino, è il canale principale attraverso il quale apprende e costruisce conoscenza; il tatto per una conoscenza dei fenomeni più intensa e diretta che permette di sollecitare e di produrre nel bambino un pensiero creativo.
Nell’opinione comune il concetto di gioco è spesso associato ad una espressione spontanea, infantile, e sregolata di istinti primari, all’assenza di scopi precisi se non il mero divertimento, alla futilità all’attività fine a se stessa, e così via. Se a volte si è pronti a concedere che per il bambino il gioco possa essere di una qualche utilità, però soltanto in quanto svago, “valvola di sicurezza” per liberare l’energia in esuberanza, o momento di riequilibrazione affettiva, per l’adulto invece il gioco è sempre considerato un’inutile e colpevole perdita di tempo una regressione infantile, un irresponsabile allentamento della moralità. Insomma: il gioco non è una cosa seria, e reciprocamente ciò che è serio non è un gioco. Sono anni invece che la pedagogia e la psicologia hanno dimostrato quanto sia indispensabile il gioco per lo sviluppo dell’individuo, sia nelle prime fasi di crescita che in età più avanzata. E non si tratta di un’utilità soltanto psico – affettiva, volta ad equilibrare le tensioni o ad allentare lo stress causato dalle attività “serie”. Il gioco è un’attività cognitiva a pieno titolo, e in quanto tale altrettanto seria che qualsiasi altra strategia di ricerca volta alla conoscenza del mondo che ci circonda. Per il bambino così come per lo scienziato, il problema più importante è di capire il mondo; ma per capire il mondo bisogna provocarlo affinché si manifesti: lo scienziato lo provoca con le sue ricerche, il bambino con i suoi giochi.
Il laboratorio tattile adotta una metodologia definita dalla letteratura “Metodo Munari” dall’ideatore – artista – designer Bruno Munari. Tale metodologia si fonda su un principio cardine della pedagogia: “la creatività passa dalle mani” dall’esplorazione e dalla manipolazione di materiali in un contesto di relazione e collaborazione. Il laboratorio predilige il piccolo gruppo per favorire l’interrelazione e la collaborazione tra i bambini nella realizzazione di artefatti creativi, offrendo strumenti, mezzi e tecniche ma non suggerendo soggetti e contenuti, lasciando a ciascun bambino/a la possibilità di trovare la propria strada per esprimersi.