Influenze francesi nel Salento
di Monica Collarile
Non tutti conoscono l’eredità culturale, linguistica e artistica, di un’epoca antica, lasciataci dalla piccola nobiltà di Francia che attraversava il Mediterraneo in cerca di territori fertili da poter conquistare e li trovava in una terra riarsa dal sole, da sempre esposta ai venti culturali del Levante, tra muretti a secco e ritorti ulivi secolari, tra le stradine dorate di una delle terre più affascinanti ed interessanti d’Italia, intessuta di tradizioni e cultura greco-bizantine.
E’ la “Torre di Babele del Salento francese” come l’ha definita il geniale critico d’arte Philippe Daverio nella sua opera Grand tour d’Italia a piccoli passi (Rizzoli) 2018.
Proprio qui persiste da secoli una, discreta ma tenace, presenza d’Oltralpe. Dal punto di vista artistico, a Brindisi, da sempre frontiera settentrionale della penisola salentina, stupisce la chiesa, in stile romanico-gotico deno- minata Santa Maria del Casale, fatta erigere, verso la fine del 1200 per volere di Filippo I, principe di Taranto, figlio di Carlo I d’Angiò, nato a Parigi e primo sovrano francese sul trono del Regno di Napoli.
Questa chiesa stupisce per l’elegante facciata con decorazioni bicrome da cui ci si immette in uno straordinario interno, dove il ciclo di affreschi rivela una coesistenza di linguaggi diversi, con stilemi bizantini misti a forme espressive nuove e derivanti dalle regioni nordeuropee della Francia. Così, sulla parete sinistra della navata, una Madonna in trono, datata al 1388, siede tra cavalieri dalle sorprendenti, per queste latitudini, capigliature bionde.
A Soleto, un grazioso e antichissimo paese a sud di Lecce, ci si imbatte nella piccola chiesa di Santo Stefano. Qui la presenza francese è ancora più evidente. L’edificio, datato alla fine del XIV secolo è interamente affrescato con un ciclo pittorico che, ancora una volta si rivolge a Oriente ma parla anche la lingua della nuova cultura cortese diffusa dalla nobiltà angioina. Così, se nell’abside è raffi- gurata l’icona bizantina della Sapienza di Dio, le figure femminili lungo la parete settentrionale sono, invece, inserite in un’architettura gotico fiammeggiante e sfoggiano eleganti pettinature parigine. I loro capelli dorati sono intrecciati e ornati, come quelli della santa col manto rosso e la palma del martirio e dalla corona coi gigli, emblema della regalità in Francia.
Nella parete opposta anche i cavalieri non sono da meno e vestono precisissime e dettagliate armature francesi. Tornando lungo le strade che solcano il paesaggio ancora indomito del Salento, si resta ancora abbacinati da questa antica, armoniosa sovrapposizione e convivenza tra culture così diverse. Il culmine della potenza visiva della Babele franco-salentina si raggiunge però nella Basilica francescana di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina.
Fu costruita a partire dal 1385 per volere di Raimondello Orsini del Balzo, principe di Taranto, erede della casata nobiliare in origine nominata de Baux e proveniente dalla Provenza. Fu successivamente resa splendida, nella decorazione pittorica, dalla consorte Maria d’Enghien, contessa di Lecce e, in seconde nozze, sovrana del regno di Napoli. La chiesa, a tre navate in stile gotico è un capolavoro di decorazione integrale e gli affreschi, anche qui poliglotti, parlano francese. Gli angeli raffigurati nel presbiterio hanno acconciature sofisticate e in stile parigino così come, nella scena della crocifissione, l’iconografia della scena dei ladroni è tipicamente nord-europea. Nel ciclo rappresentante le storie della Genesi i protagonisti sono biondi e la Vergine anche qui, come a Soleto, viene incoronata dal Figlio con i gigli di Francia. Il Salento dei Francesi è, quindi una realtà duratura. Come testimonia anche un piccolo gioiello di archeologia industriale: la conceria dei fratelli Jean e Pierre Lamarque che, alla fine dell’800, stabilirono la loro attività di artigiani esperti nella lavorazione, delle pelli, utilizzando la tecnica della concia vegetale in fossa, in una antica casa a corte a Maglie. Denominata appunto Corte dei Francesi, oggi dimora storica con un elegante spazio musea- le che ospita eventi e mostre. “E’ una singolarità della terra d’Otranto la bellezza dei villaggi che s’incontrano per strada” così scriveva già nel 1778 Jean Baptiste Claude Richard, pittore, letterato e autore, insieme ad una équipe dì architetti e borsisti dell’Accademia di Francia nel Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicilie, appunti di viaggio raccolti in vari libri e corredati da tavole all’acquaforte grazie ai quali sappiamo che il Salento rientrava , di diritto tra le tappe del Gran tour letterario degli intellettuali del nord europa tra ‘600 e ‘700.
Il dialogo tra culture non si è perso neppure a tavola se si pensa che l’ingrediente utilizzato nelle più tradizionali ricette salentine è il Rodez, formaggio in tutto originario dell’Occitania, regione francese da dove, poco meno di 50 anni fa è partito per arrivare nelle cucine pugliesi. Un testimonial francese salentino per ricordare come l’identità europea nasca dall’incontro di una pluralità di voci.