Storie minime nell’anno del Signore 1315

IL CAVALIERE FRANCESE SOURÉ
E LA MOGLIE DI GALATINA

Tornato indenne dalla campagna militare in Grecia, il cavaliere francese
fece edificare, per grazia ricevuta, una cripta a S. Michele
di Luigi Manni

Dopo la saga dei francesi de Toucy, che dal 1269 con Anselmo e sino al 1301 con Filippotto ressero le sorti del casale di S. Pietro in Galatina, subentrò a Galatina il provenzale Ugone del Balzo, primo conte di Soleto, sposato nel 1302 con Jacopa della Marra e morto il 2 dicembre 1319, ucciso sul campo di battaglia durante l’assedio di Alessandria.
Dei de Toucy, nella basilica di S. Caterina d’Alessandria di Galatina, rimangono i due stemmi (con una banda posta diagonalmente dal cantone superiore sinistro all’inferiore destro) rappresentati ai piedi della Madonna della mela, affrescata in fondo all’ambulacro sinistro. Dei del Balzo solo l’imbarazzo della scelta tra i tanti scudi araldici dentro e fuori i due templi galatinesi di S. Caterina d’Alessandria e dell’extraurbana S. Caterina Novella, che propongono ossessivamente stelle a sedici raggi, corni d’Orange e losanghe degli Orsini.
Fu proprio in questo periodo, precisamente nel 1306, che l’angioino Filippo, figlio di re Carlo II, rientrò in Terra d’Otranto dopo la tentata conquista del despotato d’Epiro e di gran parte dell’area balcanica. Tra i tanti milites francesi che sbarcarono in quell’anno nel porto di Otranto, figurava il cavaliere francese Souré che,successivamente, si fermò per alcuni anni a Galatina, tenuta allora dai suoi connazionali del Balzo.
Le vicende militari e personali di questo cavaliere francese-galatinese Souré, recentemente in un bel libro su Copertino (M. CAZZATO, Copertino. Immagini e storie, Galatina 2005, 9-17) sono state raccontate anche nella forma accattivante del romanzo storico, senza però rinunciare alle fonti storiche certe ed accertate. Una di queste, inoppugnabile, è un’iscrizione in caratteri bizantini che figura tra gli affreschi della cripta copertinese di S. Michele, vicino alla masseria Monaci, già sciolta nel 1982 da A. Jacob. Essa recita così: “Questa venerabilissima chiesa (dedicata) all’arcistratega Michele è stata costruita e ornata di pitture dalla devozione del cavaliere Souré e della sua sposa e dei suoi figli (o figlio), nel regno di Roberto terzo (figlio) di Carlo, l’anno 6823 (anno bizantino), tredicesima indizione, affrescata per mano di Nicola e Demetrio, padre e figlio di Soleto. Voi che leggete pregate per essi il Signore. Amen”.


Trascurando per adesso i due frescanti soletani, appare chiaro che il cavaliere francese Souré, dopo essere tornato indenne dalla campagna angioina in terra balcanica, scioglie il suo voto per grazia ricevuta, ossia il suo ritorno in patria, e vi adempie costruendo e affrescando a Copertino, tra il 1314–15, una cripta dedicata a S. Michele, condottiero delle milizie celesti. E nella cripta, tra scene di argomento religioso, come la Crocifissione e le figure della Vergine e di S. Giovanni Battista, chiede ai frescanti soletani di inserire una delicatissima scena in cui figura lui stesso mentre, felice, abbraccia e bacia la moglie. E’ un momentodi grande tenerezza fissato tra le stelle a otto punte che brillano sulle pareti.

La moglie di Souré era una galatinese.
Parlavano entrambi il greco: lei perché nativa di Galatina, uno dei più antichi centri greci della Grecia salentina, dove lingua e culto erano greci; lui perché soldato per tanti anni in Oriente. Decisero di costruire ed affrescare la cripta nelle campagne copertinesi forse perché (è l’ipotesi di M. Cazzato) il cavaliere Souré aveva avuto dai suoi connazionali l’incarico di castellano di Copertino dove, insieme ai figli, moriranno.
Noi dobbiamo molto al cavaliere Souré, non fosse altro per averci svelato i nomi di Nicola e Demetrio di Soleto, frescanti alla moda nei primi decenni del ‘300. Ma forse, molto di più, siamo attratti dalla storia d’amore di Souré e della bella grecadi Galatina, tra paure antiche provate sui campi di battaglia greci,implorazioni al santo militare Michele, promesse solenni e voti pronunciati e sciolti per un ritorno sicuro in patria.

I colori blu scuro e rosso aranciato delle vesti dei due personaggi erano diffusi nei vestiti delle classi superiori e adottati secondo la moda e le policromie pure e luminose del Medioevo, anche se molto più brillanti e raffinati furono quelli utilizzati nel secondo Trecento e nei primi del Quattrocento.
La veste della galatinese, pur confezionata in maniera estremamente semplice, presenta una certa eleganza nello strascico. E’, insomma, un abito di cerimonia.
Nell’abbigliamento del cavaliere Souré, che rinuncia alla divisa militare per una semplice tunica familiare, colpiscono il copricapo che ricorda il classico chapeau alla francese e le scarpe a punta, usate in quel periodo, dette paulaine, caratteristiche calzature originarie della Polonia che ricordano vagamente la prora di una nave.
Echi di moda lontani.