Premessa
Qualche tempo fa, sulla mia home page di Facebook, ho espresso, solo di striscio, una considerazione sulla “giustizia”. Un mio ex-alunno, di intendimenti ben diversi dai miei, mi ha pregato di approfondire l’importante tematica e di stabilire con lui una discussione. Ho accettato di buon grado l’invito, anche perché il tema mi sta molto a cuore.
Per una questione di riservatezza, non mi sento di rendere nota l’identità dell’alunno, che chiamerò Mauro, un nome a me molto caro. Perciò, eccomi qui, pronto a dialogare con lui e con chi, eventualmente, ne abbia voglia.
Caro Mauro,
tu mi poni una domanda per la quale trovo un po’ di disagio a risponderti, non perché non abbia le idee chiare sull’argomento, anzi. L’unica difficoltà, che mi preoccupa non poco, sta forse nel fatto che non riuscirò a trovare le parole adatte per schiodarti dai tuoi “naturali” convincimenti, che per me sono in parte errati e fuorvianti.
Mi auguro che riesca a persuaderti.
Tu, intanto, sforzati di entrare, senza alcuna remora, in ciò che sto per esporti. Tuttavia ricorda che il mio è pur sempre un convincimento personale e, quindi, può essere cambiato, integrato, migliorato.
La giustizia, in senso generale, è uno dei pilastri fondamentali su cui poggiano le fortune del nostro esistere, è il collante che unisce saldamente gli uomini tra loro; se amministrata con sagacia, può rappresentare l’elemento trainante verso una vita migliore. Inoltre, come sostiene Papa Francesco, “la giustizia rappresenta il gradino più alto nella scala dei valori umani ed è l’ultima e, forse anche, la più faticosa dimensione terrena, raggiunta la quale ogni uomo avverte un infinito senso di beatitudine, una levità interiore, una pace smisurata”.
Stando a questi intendimenti, una persona ‘giusta’ diventa un… angelo terreno. Il grande e indimenticato don Tonino Bello asseriva che “solo Dio sa quanto l’umanità oggi abbia bisogno di gente… con le ali!”.
In senso stretto, potrei definire ‘giusta’ la persona equa, corretta, imparziale e che persegue e applica i principi dell’uguaglianza secondo buon senso, cioè secondo le leggi universali che da sempre sono scolpite in cielo.
Pur tuttavia ritengo che la risposta sia troppo generica e non esaustiva: manca, in altre parole, qualcosa che dia completezza ed efficacia alla definizione, qualcosa che sappia inquadrarla a tutto tondo e che spieghi il modo per arrivare a questo sublime livello di vita.
Ora ti pongo una domanda, alla quale ti prego di rispondermi a tempo debito.
Perché mai l’uomo tende solitamente a comportarsi in maniera ‘ingiusta’?
A mio modo di vedere, le ragioni sono molteplici, tutte però riconducibili alla sua natura.
Da sempre nell’animo umano è presente un’energia ostile che ha condizionato e condiziona in negativo l’intera umanità. Essa è rappresentata dalla presenza in ciascuno di noi di un “mostro cinico e calcolatore”, che in continuazione si agita, ci prende e, in alcuni casi, domina ogni nostra azione. Questa resistenza negativa, che è alla base di ogni sofferenza terrena, è una “molla infìda e ingannevole“ che, da una parte, determina le fortune e i successi di alcuni individui (come gli astuti, i prepotenti, gli opportunisti, gli uomini senza cuore, quelli che da sempre seguono il profumo del denaro, ecc.), mentre, dall’altra, segna le sfortune dell’umanità intera e contribuisce in maniera considerevole a creare profonde fratture nella struttura del consorzio umano.
Quest’energia malevola è la «convenienza», madre ‘adorata’ dell’egoismo, dalla quale scaturisce una miriade di mali, come ildesiderio insaziabile del profitto, lo sfruttamento dell’uomo e della natura, la smania di sopraffazione, l’avidità incontrollata, l’avarizia esagerata, il cinismo, la depravazione, l’usurpazione dei diritti altrui e, addirittura, la soppressione fisica di persone. Essa è una forza brutale, cieca e subdola, che allontana gli uomini tra loro, che striscia continuamente nelle pieghe più profonde della psiche e la condiziona, assoggettandola ai suoi voraci e inappagabili voleri e bramosie.
Pertanto, forte di tale convincimento, sono dell’avviso che una persona diventi ‘giusta’ solo quando rifugge da simili richiami allettanti e non dà ascolto al fascino seducente di sentirsi ricco, potente, bello, amato, superiore, invincibile. La presenza di questi “uomini dominanti” – e t’assicuro che non sono pochi – determina da sempre le angustie dell’umanità.
Nel momento in cui l’uomo riuscirà a svincolarsi dalle spinte emotive di comodo, a slegarsi dai suoi condizionamenti egoistici, dalle situazioni vantaggiose per sé, ma dannose per gli altri, soltanto allora potrà ‘giudicare’ tutto ciò che cade sotto i suoi sensi secondo “equità”, o, come asserivo prima, secondo buon senso. Soltanto allora, grazie alla presenza di un ritrovato equilibrio spirituale e in assenza del “tarlo che sfarina l’idea del Bene Comune e lo dissolve”, potrà valutare ogni cosa con serenità e con “animo intaminato”.
Per arrivare a ciò si rende opportuno venir fuori dal proprio mondo egoistico (non è facile, ma è possibile), disancorarsi dalle spinte tiranneggianti dell’ego, grazie ad una acquisizione graduale ed effettiva dei principi ispiratori della democrazia e della libertà. A tutto ciò si può giungere solo quando avremo acquisito una visione della vita meno personalistica e più socializzante. In quel preciso istante cominceremo ad appartenere non solo a noi stessi ma al mondo, a sentirlo nostro, a viverlo come se fosse una nostra esclusiva interiorità, o meglio, come se noi fossimo una piccola tessera del grande mosaico comune e ci sentissimo parte importante e integrante di esso.
A questo punto sarai tu a pormi la domanda su come sia possibile “sbarazzarsi” delle energie egoistiche e avvicinarsi a quelle pluralistiche. Potrai trovare la risposta solo se ti accosterai, con umiltà e voglia di migliorarti, al più grande dei sentimenti umani: l’Amore.
Ricorda che se un uomo è permeato da questo importante “lievito di pace” può aspirare a diventare giusto, poiché solo chi ama (nel senso più nobile del significato) può capire e curare i mali del mondo, in quanto li sente propri e ne soffre.
Le fortune dell’umanità si concreteranno il giorno in cui ogni essere umano saprà spendersi in funzione dei propri simili e saprà amministrare la giustizia con saggezza e nell’interesse di tutti. Per arrivare a tanto è necessario guidare, soprattutto le giovani generazioni, ad “impossessarsi dell’amore”. Questa azione educativa va fatta, giorno dopo giorno, sia in famiglia, sia a scuola, sia nella società, utilizzando gli strumenti formativi più adeguati per garantire ai giovani la migliore crescita.
Le tre succitate agenzie educative devono rispondere al meglio ai propri compiti e produrre efficaci risultati, in mancanza dei quali i giovani crescono male ed acquisiscono ciò che di peggio è presente nella comunità umana. Soprattutto la scuola deve intervenire in maniera impeccabile ed appropriata nel processo educativo e formativo. Il compito dell’insegnante è arduo e molto impegnativo, ma non improbo.
Sosteneva il grande ed intramontabile Mahatma Gandhi che le “fortune dell’umanità passano esattamente da quello che riescono a costruire gl’insegnanti in classe”.
Egli inoltre asseriva: “… [Come l’educazione fisica deve essere impartita mediante l’esercizio fisico, così l’educazione dello spirito è possibile soltanto mediante l’esercizio dello spirito. E l’esercizio dello spirito si fonda interamente sulla vita e sul carattere del maestro. Il maestro, perciò, deve fare molta attenzione a quello che dice o che fa, a come si comporta, a come indirizza un rimprovero, mai troppo aspro e umiliante ad uno studente pigro e indolente, a come rivolge un elogio, mai troppo edulcorato e laudativo nei confronti dell’alunno meritevole, a come studia la personalità degli allievi. Egli non deve essere sempre severo ed esigente, se non nei casi in cui il livello della lezione è talmente alto da richiedere serietà e impegno, né tanto meno deve essere tenero e permissivo, se non quando il momento scolastico richiede dolcezza e tolleranza] … [Se il maestro è un bugiardo, sarà inutile insegnare ai ragazzi a dire la verità, perché impareranno ad essere menzogneri. Se il maestro s’impegna poco nel lavoro quotidiano, i suoi allievi saranno educati all’ozio; se, invece, è un vile non riuscirà mai a rendere i suoi ragazzi coraggiosi; se è lontano dall’auto-disciplina, non potrà mai insegnare i migliori principi educativi ai suoi discepoli; ma se il maestro è un uomo fondamentalmente responsabile e giusto, riuscirà a radicare negli studenti il senso della giustizia, cosicché costoro, da grandi, trasmetteranno ai loro simili il comportamento necessario per vivere bene e giudicare bene] … [Tra gli allievi che gli vengono affidati potrebbe celarsi un grande scienziato, un famoso chirurgo, un saggio filosofo o, addirittura, uno tra i migliori presidenti della Repubblica della nostra amata India. E sinceramente sarebbe un gran peccato privarsene] … [Perciò, le fortune di tanti ragazzi sono affidate unicamente al maestro, al quale i genitori consegnano i propri figli. Ecco, in questo modo, si costruiscono i successi o gl’insuccessi delle singole comunità e , di conseguenza, della stessa umanità].
Di mio aggiungo che il maestro è come se avesse nella mani tanti aquiloni da lanciare in cielo e da governare a seconda dei venti. Il buon maestro deve imprimere degli strattoni, a volte leggeri a volte forti, per mantenerli in quota; deve trattenere il filo quando la corrente d’aria è intensa, oppure lasciarlo andare quando è debole. Proprio grazie al filo, cioè grazie al proficuo rapporto instaurato con gli allievi, il maestro trasmette loro le necessarie virtù per guadagnare “il cielo della vita”. In conclusione, il maestro deve essere una sicura guida spirituale, un esempio positivo da emulare, una continua lezione di vita.
Se riusciremo, perciò, a educare i ragazzi, te compreso, a “prendersi cura”, oltre che dei propri problemi e bisogni, anche e soprattutto di quelli del prossimo, avremo gettato le basi per rendere il mondo via via più vivibile e ‘giusto’, sino ad arrivare a trasformarlo in un’isola felice, forse la tanto favoleggiata isola che non c’è.
Mi rendo pienamente conto che il cammino per arrivare in fondo al viale è lungo e difficoltoso, ma è l’unico modo per risolvere in positivo il destino dell’umanità.
Invece tu proponi, come unico sistema per combattere le ingiustizie e il malcostume del mondo di ricorrere necessariamente all’uso della ‘forza’, cioè ad una rivoluzione cruenta e sanguinosa. Sbagli ancora, Mauro. La rivoluzione va fatta, ma senza utilizzare le armi, perché non si eliminerebbero gli errori di fondo, anzi si acuirebbero, bensì rivoltando e fortificando le coscienze con robusti e sani principi morali. Alla lunga un’educazione del genere pagherebbe.
Credimi, Mauro, possiamo arrivare a tanto.
Ma, ahinoi, il mondo, soprattutto in questi ultimi tempi, è un campo minato a perdita d’occhio dove si coltiva in modo particolare il Male, con poche oasi di Bene, sparse timidamente qua e là. Il lavoro che attende i portatori di pace e di giustizia è improbo, quasi impossibile. Ciò nonostante non bisogna darsi per vinti, ma semmai è necessario lottare con maggiore tenacia per rovesciare il destino del mondo.
Mi obietterai ancora che è impossibile arrivare a tanto, perché è come voler svuotare il mare servendosi del guscio di una noce. A te sembra, ma in effetti non è così. Se l’esempio di pochi sarà via via seguito da tanti e in seguito da tantissimi, vedrai che quello che a te sembra irrealizzabile si potrà attuare, a condizione che siano in molti a remare nella stessa direzione.
Sai bene che la fiammella di una candela non può rischiarare l’oscurità della notte, ma se saremo in tanti ad accenderne migliaia o centinaia di migliaia o addirittura milioni, il buio sarà vinto e la luce risplenderà anche a distanza di chilometri.
Intanto tu inizia a rinnovarti. Perciò, càlati nel profondo della tua coscienza e comincia a rimuovere ciò che “illude e uccide” l’uomo. Fa’ in modo che non rimanga alcuna radice della “mala pianta” che potrebbe esser presente in te. So bene che incontrerai notevoli difficoltà in questo ardimentoso viaggio, ma provaci, in ogni modo e con ogni energia. Il cammino è arduo e mille e mille saranno i canti ammaliatori che ti invoglieranno a desistere. Va’ avanti, segui l’esempio di Ulisse, che non si lasciò vincere dal canto melodioso delle sirene. Una volta arrivato sul pavimento di questo orrido pozzo, troverai uno scrigno, in cui la tua adorata ed ingorda ‘convenienza’ ha segregato le “tue nobili virtù”. Aprilo e zampillerà l’essenza prima della vita, l’Amore… l’amore che erroneamente ritieni (e riteniamo) di possedere.
Tu mi osserverai che ne hai tanto e te ne servi quotidianamente. Con ogni probabilità, il tuo è “l’amore che prende”, cioè quello possessivo, ossessivo, smodato, dominante; io, invece, alludo a “l’amore che dà”, cioè quello virtuoso, solidale, misericordioso, caritatevole, universale, divino.
Nel momento in cui t’impossesserai di questo nobile sentimento, avrai una visione completamente diversa del mondo e della stessa vita, che non t’appariranno più come elementi da conquistare e sottomettere, ma semmai come elementi da organizzare e migliorare nell’interesse tuo e di tutti, nessuno escluso.
Dopo aver ritrovato te stesso, ha inizio una nuova e più importante “crociata”. Devi batterti contro l’orrendo dèmone dell’egoismo presente negli altri. Lotta, senza concederti mai una pausa: un vero guerriero non conosce riposo, se non dopo aver sbaragliato il nemico e vinta la battaglia. Utilizza l’unica arma in tuo possesso: la “parola”, che, se usata saggiamente, produce effetti strabilianti. Sappi che molte volte essa uccide più di quanto possa uccidere una spada. Papa Francesco con la sua “parola”, oltre ad aver redento diverse coscienze, sta aprendo nuovi orizzonti di vita.
Il tuo pensiero sarà ascoltato o letto da diverse persone, che potranno condividerlo e diffonderlo. Dai piccoli semi, che avrai ‘conficcato’ nel cuore della gente, nascerà una messe rigogliosa, che darà un buon raccolto, da cui scaturiranno altre semine e altri doviziosi raccolti.
A tal proposito, non dimenticare l’esempio della candela.
La strada è lunga e infìda, poiché quotidianamente la società educa i giovani ad acquisire ben altri valori. I fatti e i risultati sono inequivocabili e provengono da qualsiasi ceto sociale. Anzi, coloro che sono deputati a guidare le sorti del paese e a fornire il buon esempio procurano grandi danni e disastri irreparabili.
Questa strada, però, va percorsa sino in fondo da tutti, se intendiamo per davvero sconfiggere il Male e costruire un mondo di pace e di giustizia.
Da ultimo, cerca di metterti sempre in discussione, di migliorarti, di innovarti, soprattutto a livello culturale e spirituale. Il peso della tua crescita non dovrà essere espresso in “centimetri” o in “chilogrammi” oppure in “moneta sonante”, ma in “atti e fatti”, tutti rivolti al miglioramento del Bene Comune e Personale. Per arrivare a ciò è necessario rispettare le regole democratiche che i nostri padri costituenti hanno conquistato a fatica, sacrificando a volte la propria vita. Rispetta, altresì, il pensiero degli altri e accettalo, pur non condividendolo. Insisti e, se necessario, lotta perché nella comunità in cui vivi ci sia sempre una pluralità di voci: tutto ciò è vitale per il corretto esercizio della democrazia, della libertà e, in modo particolare, della giustizia.
Metti in debito conto che le tue idee, alle quali sei molto legato, possono anche essere sbagliate e, se qualcuno ti dimostra l’infondatezza delle stesse, non sentirti umiliato per questo, anzi accetta serenamente l’evidenza dei fatti che ti hanno contestato e lìberati dall’errore che ti ha posseduto. Si cresce anche in questo modo.
Sii felice, ma ricòrdati di prodigarti anche per la felicità degli altri. È bello tagliare certi traguardi della vita, avendo accanto a sé molte persone, come se ci si trovasse allo stadio a gioire per un gol della propria squadra. Dài retta a me, Mauro: la soddisfazione e la gioia che ti dà la “felicità sociale” è più completa e affascinante della “felicità personale”. Quest’ultima è la felicità della solitudine, che non ti consente mai di brindare, di esultare, di fare pazzie insieme ad altri, ma solo di godere con poco entusiasmo dentro di te, tra le mura del tuo “io”.
Mi auguro di esserti stato chiaro e, soprattutto, di averti persuaso a rivedere i tuoi convincimenti e a voltare pagina definitivamente.
Ti saluto con lo stesso affetto e la stima di quando ti guidavo a compiere i primi passi nel difficile e impervio mondo di noi umani.