Breve storia del Conservatorio Femminile di Galatina
LA CONGREGAZIONE DI CARITÀ
PRESIEDUTA DA ORAZIO CONGEDO
di Pietro Congedo
Per avere un quadro completo dell’attività amministrativa esercitata dalla Congregazione di Carità (C.d.C.) di Galatina durante la presidenza di Orazio Congedo, sarebbe necessario esaminare i verbali delle riunioni tenute dalla stessa nei primi ventiquattro anni della sua esistenza.
Purtroppo sono stati rinvenuti soltanto i verbali relativi al quadriennio 1863 – 1866 (v. Registro conservato nell’Archivio dell’Ospedale di Galatina A.O.G.), i quali però contengono notizie abbastanza significative ai fini dell’individuazione dei criteri gestionali seguiti da detta Congregazione sia nei primi quattro anni, che nei successivi due decenni.
La prima seduta ebbe luogo il 7 gennaio 1863 con la partecipazione di Orazio Congedo (presidente), Michele Astarita, Giacomo Baldari, Raffaele Baldari, Carlo Congedo, Celestino Galluccio, Luigi Papadia e Lazzaro Zappatore.
Nel corso della riunione furono eletti il segretario, il vice segretario e il tesoriere, rispettivamente nelle persone di Celestino Galluccio, Carlo Congedo e Luigi Papadia.
Il successivo 22 gennaio fu approvato il consuntivo delle spese relative “al regime interno condotto nel 1862 dalla Superiora (delle Figlie della Carita)”, che ammontavano a ducati 602,70 (pari a lire 2.571,48), di cui ducati 525,60 per vitto alle orfanelle, 6,00 per vestiario a quattro anziane collaboratrici interne, 30,00 per candele usate nelle funzioni religiose, 5,00 per manutenzione dei sacri arredi, 6,00 per offerta al confessore delle orfane, 24,00 per salario all’inserviente e al sagrestano e 6,10 per spese funebri in occasione della morte di un’orfana.
Il totale delle analoghe spese sostenute nell’anno 1863 fu di lire 2.545,48, cioè inferiore di 26,00 lire (v. delibera del 7 gennaio 1864), anche perché non era stata data alcuna offerta al confessore delle orfanelle, né c’erano state spese funerarie.
Alla fine del 1864 la stessa Superiora presentò il seguente elenco di spese, espresse in lire: 2.233,00 per vitto a ventiquattro orfanelle, 25,50 per vestiario a quattro anziane collaboratrici interne, 102,00 per salario all’inserviente e al sagrestano, 127,50 per candele, 25,50 per la manutenzione degli arredi sacri, 25,50 per offerta al confessore delle orfanelle e 25,50 per bagni marini ordinati dal medico a 10 orfane.
Gli amministratori approvarono senza riserve i primi cinque importi, ma ritennero ingiustificata l’offerta al confessore, in quanto già soppressa nel 1863; invece l’esito di lire 25,50 per “bagni marini”, essendo “spesa di lusso” (ai sensi del “rescritto ministeriale 13 marzo 1833”, concernente le medicine somministrate negli ospedali), fu autorizzato soltanto perché già avvenuto, “restando in futuro vietati cotali bagni, fuor del caso di estrema necessita, che la medesima Congregazione di Carita si riserbava di far verificare”. E’ evidente che tutte le suddette “spese interne”, effettuate annualmente dalla Superiora, sono solo una componente dell’Orfanotrofio.
Ma un quadro verosimilmente completo, sia delle spese, che delle entrate necessarie al funzionamento dell’Istituto, lo si ha nel verbale della seduta del 29 settembre 1864, che contiene i seguenti dati relativi al bilancio preventivo per l’anno 1865:
ENTRATE: lire (3.074,74 da affitti + 1.275,00 da oliveti amministrati direttamente + 480,76 da censi e canoni +969,00 dal Comune + 717,48 da Rendita Pubblica ) = lire 6.516,98;
USCITE: lire (97,75 spese di scrittoio e soldo al segretario + 152,02 premio al tesoriere +1.036,87 per tributi fondiari + 2.978,40 vitto per ventiquattro orfanelle + 178,50 per medico, infermiere e medicinali +255,00 per rimonda degli ulivi e provvista di legna da fuoco + 212,50 per spese per liti + 93,50 per maritaggi +480,25 spese per il culto + 136,00 per messe + 42,50 per elemosine + 32,59 per tassa mano morta + 1.020,00 per pensione delle Figlie della Carità ) = lire 6.970,88.
Si noti che le uscite superavano di lire 453,90 le entrate, mentre fra queste ultime mancava un fondo di riserva.
Tale deficit poteva essere colmato ricorrendo ad un prestito, ma al momento (fine settembre 1864) si pensava che forse nell’anno in corso i proventi degli oliveti avrebbero superato l’importo di lire 1.275,00, previsto in bilancio. In effetti la possibilità di produrre nel 1864 una buona quantità di olio sembrava quasi certa, poiché una stima effettuata a fine estate prevedeva la raccolta complessiva di 356 tomoli di olive, e precisamente 190 dal fondo “Margea”, 60 da ”Galatini grande”, 42 da “Crocifissello”, 40 “Geminiano”, 18 da “Galatini piccolo”, 3 da “Centopiedi” ed altri 3 dal fondo “San Vito”.
Questo significava che la quantità di olio prodotta avrebbe potuto essere superiore a 175 staia, delle quali circa 30 erano annualmente necessarie al consumo interno dell’Orfanotrofio, mentre, vendendo le rimanenti 145, al prezzo medio quotato nella piazza di Gallipoli, si sarebbe potuta ricavare una somma superiore a lire 2.400.
Ma in autunno le “continue e dirotte piogge”, oltre ad avariare il prodotto, ne resero difficile la raccolta. Di conseguenza, mentre si riuscì a cedere per 95 staia d’olio i 190 tomoli di olive stimati nel fondo “Margea”, che era in altura, invece per tutti gli altri oliveti, che erano in zone pianeggianti, andò deserta la tentata vendita all’asta.
Pertanto, la C.d.C. riunitasi il 10 novembre 1864, diede ai suoi membri l’incarico di ricercare urgentemente acquirenti per le olive, anche riducendone il prezzo, e, se le ricerche fossero riuscite vane, provvedere alla raccolta e macinatura delle stesse a spese dell’Istituto.
Anche le due annate successive furono, purtroppo, disastrose per quanto riguarda la produzione di olio. Infatti la quantità complessiva di olive prodotte nel 1865 fu di appena 4 tomoli, mentre quelle raccolte nel 1866, essendo bucate dalla mosca olearia e precocemente cadute al suolo reso fangoso dalle continue piogge, furono barattate per sole 73 staia di olio.
Da quanto detto risulta evidente la notevole aleatorietà della produzione olearia. Pertanto quella degli oliveti non poteva essere considerata una rendita certa ai fini del funzionamento dell’Orfanotrofio.
I soprariportati elenchi delle “entrate” e delle “uscite” nel settembre 1864 furono allegati ad un’istanza, che fu presentata al Consiglio Provinciale al fine di ottenere una riduzione dei tributi da pagare alla Provincia, per i quali il R.D. 20 agosto 1864 prevedeva aumenti non sostenibili dall’Orfanotrofio.
Purtroppo la richiesta non fu accolta e detti tributi, che fino al 1864 ammontavano a lire 127,50, furono portati nel 1865 a lire 581,62, subirono cioè una maggiorazione di lire 451,12, per pagare la quale la Congregazione fu costretta a prelevare il relativo importo dal bilancio dell’Ospedale, sotto forma di sussidio per l’Orfanotrofio.
Nell’autunno del 1866, per assicurare la provvista di legna da ardere alla cucina dell’Istituto, fu effettuata la rimonda o potatura degli ulivi esistenti nei fondi “Margea” e ”Palude del Monte”. Ciò comportò una spesa di lire 468,88, mentre in bilancio era previsto a tal fine l’importo di lire 255,00.
Mancando un fondo di riserva, sarebbe stato necessario ricorrere ad un prestito di lire 213,88, ma ciò fu evitato, perché il presidente Orazio Congedo pagò “con suo proprio denaro”.
Nel quadriennio 1863 -1866 la C.d.C. si occupò frequentemente dell’ampliamento e della manutenzione dell’edificio dell’Orfanotrofio, infatti:
– il 12 febbraio 1863 autorizzò la Superiora delle Figlie delle Carità a costruire, a proprie spese, nel cortile dell’Istituto, un salone al piano terra e un altro al primo piano; invece la costruzione dei “cessi a fianco dei due saloni terreno e soprano” comportò una spesa di lire 433,63 a totale carico dell’Istituto, deliberata il 13 ottobre 1864;
– il 24 dicembre 1863 approvò la spesa di lire 396,27 destinata alla costruzione nel cortile di un locale idoneo sia per situarvi accanto al pozzo le “pile” per lavare i panni, sia per costruirvi un “novello focolare per rendere meno penose le operazioni del bucato”;
– una tettoia, situata sulla terrazza del salone a primo piano, che “prospetta col lato lungo ad Est in su la pubblica via”, era stata costruita “su archi che arrecavano notevole spinta alla parte superiore dell’edificio”, perciò ne decise la demolizione, che costò lire 18,75 e successivamente fu spesa la somma di lire 316,37 per riparare con tiranti di ferro i locali che, a causa della suddetta tettoia, avevano manifestato lesioni nella muratura (v. delibera 11 gennaio 1866);
– sia per proteggere dall’umidità i solai dei locali riparati, sia per “non far mancare allo Stabilimento un locale aerato per sciorinare panni al coperto”, il 19 agosto 1866 deliberò la costruzione di una nuova tettoia, sostenuta da “cavalletti in travature di legno”, nello stesso posto in cui c’era stata quella demolita.
Nella seconda metà del XIX secolo l’aleatorietà delle produzioni agricole e il degrado cui andavano incontro i poderi dati in affitto inducevano gli amministratori di enti assistenziali a vendere all’asta le proprietà degli stessi per poi investire il ricavato in titoli di Stato.
Operando in questo modo si potevano aver annualmente rendite certe, che, almeno nell’immediato, erano più vantaggiose.
A tale criterio amministrativo ricorse anche C.d.C. di Galatina, infatti tra l’agosto e il settembre del 1866 furono da essa richieste alla Deputazione Provinciale le autorizzazioni per l’alienazione dei fondi “Calcara del Monte” (al prezzo di lire 3.941,25), “Tabelluccia” (al prezzo di lire 510) e “Pigno del Rosario” (al prezzo di lire 2.446,75).
Dette somme, insieme all’importo di lire 922,25, derivante dalle affrancazioni di censi e canoni concesse a debitori dell’Orfanotrofio, furono tutte convertite in Rendita iscritta nel Gran Libro del Debito Pubblico.
Da una copia del “Questionario generale per l’inchiesta amministrativa sulle Opere Pie”, compilato nel 1884 (conservato in A.O.G.), si apprende che nel decennio 1875 -1884 dalla vendita di altri fondi rustici fu ricavato l’importo complessivo di lire 82.236,00, che fu anch’esso investito in Rendita Pubblica.
Da quanto sopraesposto si evince che Orazio Congedo, oltre a provvedere col proprio denaro ad emergenti necessità sia dell’Ospedale (v. la donazione finalizzata al mantenimento di 5 posti letto per malati cronici), che dell’Orfanotrofio (v. la donazione della rendita destinata al sostentamento di tre orfanelle), fu anche amministratore attento e di grande umanità, poiché cercò sempre di migliorare le rendite dei due Enti ed ebbe costantemente cura di alleviare i disagi degli infermi e delle povere orfanelle (v. i provvedimenti adottati per rendere meno penose le operazioni del bucato).