Estate 2013, nella semplicità

Ieri sera, il piccolo Andrea è tornato nella casetta al mare dei nonni. Nonostante sia trascorso quasi un anno dalla sua precedente venuta, ha subito dimostrato di trovarsi a suo agio. L’arrivo è stato immancabilmente avvertito dal micio grigio, già suo compagno di giochi durante il precedente appuntamento estivo nel Salento; bimbo e gatto, ora hanno entrambi una stagione in più, ma l’intesa tra loro appare sempre identica. Al primo risveglio, Andrea, invece di pensare alla colazione, si è immediatamente diretto nella pinetina, attratto da un rumore monotono e assordante, che, probabilmente, doveva riecheggiargli nella mente sulla scia dei pregressi soggiorni. “Che cosa è questo suono o canto?”, mi ha domandato di getto e, da parte mia: “Andrea, sono le cicale, che non fanno altro che cantare, disinteressandosi completamente di tutto il resto, in certo qual modo astenendosi pure dal mangiare. Se  ne stanno lì a frinire, incominciando al  sorgere del sole e proseguendo fino a notte fonda. Però, tale abitudine non deve giovare molto alla loro salute, tanto che, a un certo punto, le amiche canterine si esauriscono, riducendosi a larve trasparenti e svuotate, sui tronchi e sui rami degli alberi rimangono solo delle minuscole carcasse giallastre”.

Ha continuato il nonno:” Vedi, Andrea, è un comportamento tutto all’opposto di quanto pongono in atto, laboriosamente, le formiche, che non è difficile osservare mentre sono impegnate, instancabilmente sotto il sole e il caldo, a trasportare nelle loro minuscole tane,  tenendole saldamente in bocca, piccole pagliuzze, erbette e sementi raccolte sul terreno. In questa maniera, gli animaletti bruni si procurano le provviste per cibarsi e mantenersi durante l’inverno, quando fa freddo, il terreno è gelato e in giro non si trova pressoché nulla da mangiare”

Dopo, Andrea mi ha chiesto notizie degli amici gechi, gli ho risposto che, di giorno, se ne stanno a dormire nascosti e, perciò, per incontrare i simpatici animaletti sospesi in alto sul soffitto sotto il porticato, senza cadere, ci siamo dati appuntamento a stasera.

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Lasciato Andrea alla sua colazione, ho compiuto un salto alla Marina per controllare il mio orticello, quest’anno, purtroppo, assai avaro di prodotti. Ho trovato e raccolto appena una decina di piccoli fiori di zucca, custodendoli ad ogni modo gelosamente, con il programma di prepararne qualche frittella per il nipotino.

Successivamente, con un bottino così risicato, sono passato dall’amico L., ottantacinquenne che alle quattro del mattino è pronto a recarsi nelle sue campagne, al contrario ricche di coltivazioni di vario genere con frutti consistenti. L’amico, non ha esitato a impinguare i fiori di zucca di mia produzione, così che, contento, ho potuto subito dirigermi verso la pescheria per procurarmi un adeguato quantitativo di gamberetti, a completamento degli ingredienti per la preparazione di un eccellente primo piatto, ossia a dire tagliolini o risotto, per l’appunto, ai fiori di zucca.

Stando fermo al semaforo rosso in sella al mio “Scarabeo”, ho scorto davanti a me a breve distanza, una scena tanto marginale quanto eccezionale.

Un passerotto piombatosi sull’asfalto è stato lesto a catturare, con il becco, una farfallina o, comunque, un piccolo insetto alato; con tale preda assicurata, ha subito ripreso il volo verso l’alto, sennonché, in un istante, la preda stessa è riuscita a sfuggirgli, riprendendo a svolazzare libera, con il passero lì a inseguirla, forse deluso per lo smacco, ma affatto intenzionato a demordere e a rinunciare definitivamente al prezioso bocconcino.

All’osservatore di strada, non è stato concesso di vedere la fine e l’esito dell’inseguimento fra le due predette creature con le ali, giacché il semaforo è divenuto di nuovo verde e il ciclomotore ha quindi ripreso la sua corsa.

Esaurite le commissioni della prima mattinata, non ho voluto rinunciare alla consueta veleggiata con il mio battellino dalle vele color amaranto e, anzi, nell’uscita odierna, grazie al fresco ritorno di propizi refoli di tramontana,  ho compiuto un bel percorso al largo, giusto per abbracciare, come al solito, insieme i due Capi, di Otranto e di Santa Maria di Leuca, portandomi poi, sulla rotta del ritorno, a lambire l’imbocco dell’insenatura Acquaviva che tanto mi è cara.

Dagli scogli innumerevoli volte calcati, si è levato l’abituale saluto a voce festoso per opera dei simpatici piccoli Luigi e Valeria, lì accompagnati dai genitori per prendere il bagno; di seguito, in breve, il rientro nella rada e nel porticciolo di Castro.

Il nipotino Andrea, oggi, ha preferito recarsi sulla spiaggia per giocare con buche e castelli, ma, nei prossimi giorni, spero vivamente che accetti di farmi compagnia a bordo della nostra piccola barca ”My three cats”, che egli già conosce. (Rocco Boccadamo)