Continuità ed evoluzione nella ricerca visiva di Antonio Stanca
di Giuseppe Magnolo
I risultati di chi opera in ambito artistico e culturale possono essere esaminati sia rispetto alla singola opera prodotta, intesa come evento unico e irripetibile, che in termini di processo, ossia come sviluppo ininterrotto che attraversa fasi definibili per motivazioni, interessi ed esiti in qualche modo accomunabili. È possibile adottare questa tipologia di indagine anche in riferimento alla produzione più recente di Antonio Stanca, dopo averne ripreso gli elementi costitutivi più generali, al fine di definirne le eventuali linee di evoluzione.
L’attività dell’autore nell’ambito della ricerca visiva si è sviluppata pressoché ininterrot- tamente per oltre mezzo secolo. Le diverse fasi della sua produzione artistica gli hanno permesso di pervenire a nuclei tematici che riescono in modo perdurante a sollecitare fortemente la sua indagine nel campo pittorico, preservando una personalissima modalità espressiva ancora capace di una notevole spinta realizzativa, che dimostra come l’artista sia in grado di rivitalizzare i suoi impulsi creativi. Convenzionalmente la produzione artistica di Stanca viene considerata come pittura astratta o informale, definizione alquanto riduttiva che serve a distinguerla dalla pittura realistico-figurativa, che si richiama alla realtà per trasmetterne le peculiarità in modo più o meno fedele. L’arte astratta, in tutte le sue varie espressioni, sposta l’attenzione dall’oggetto percepito alla percezione stessa e al processo realizzativo che conduce all’opera finita, ed inoltre richiede l’elaborazione di un linguaggio che sia in grado di corrispondere tanto ai diversi elementi costitutivi della percezione, quanto alle modalità espressive che l’artista ha deciso di adottare.
Il contesto esistenziale in cui si realizza l’operazione artistica di A. Stanca rivela una prospettiva esclusivamente di tipo immanente, in cui gli elementi di riferimento sono rappresentati da dati esperienziali empirici, dalle componenti razionali proprie dell’agire umano, dalle condizioni evolutive degli elementi inorganici ed organici presenti nella realtà, dall’ordine o dalla casualità che conferiscono movimento e pulsione ritmica al fluire degli eventi quotidiani. Entro questi orizzonti di deliberato realismo, apparentemente avulso da velleità metafisiche, il compito che l’autore attribuisce alla sua ricerca si esplica in tre modi: 1. diagnostico-epifanico: l’esperienza pittorica è concepita come una forma di conoscenza che attraverso l’investigazione della realtà percepita tende a rendere manifesto anche il non-percepito, ciò che si cela nelle distanze degli spazi siderali, negli abissi reconditi, nei meandri infinitesimali che compongono la materia inerte o gli elementi organici; 2. introspettivo: l’opera d’arte rispecchia situazioni che emergono dalla psiche e dalla sfera emozionale, inducendo l’artista a interrogarsi su questo o quel dato della realtà, a staccarsene trovando vie di fuga o rimanervi ancorato, a rassegnarsi o ribellarsi, tutti elementi di cui l’opera d’arte reca in sé tracce profonde; 3. estetico: il prodotto artistico rappresenta una sintesi che chiude una fase del processo di ricerca, superando la mera accidentalità degli elementi rappresentati, ed incanalandoli in una visione prospettica che tende a dare valore di universalità al tentativo dell’artista.
Alcune componenti espressive della pittura di Stanca hanno ormai assunto carattere consolidato, fino a rappresentare dei tratti inconfondibili. Dal punto di vista tematico-situazionale tali elementi sono individuabili nello spazio cosmico con le sue galassie e tutto ciò che ad esse è pertinente, in angoli remoti e inaccessibili del nostro pianeta, in realtà planetarie diverse da quella terrestre (i Panorami di Tancas), oppure ancora all’interno della materia e del suo nucleo costitutivo fondamentale. Le peculiarità stilistico-espressive sono invece costituite prima di tutto dalla luce e dal colore, ma anche dal rapporto tonale, dall’uso della prospettiva (sia aerea che geometrica), da occasionali effetti di dissolvenza. La luce riveste valenza fondamentale, rappresentando spesso il fulcro attorno a cui si impernia l’intera composizione. Altrettanto dicasi per la scelta del colore e le soluzioni che da essa scaturiscono con proiezioni di irradiamento (più raramente a cascata), volte a dare articolazione dinamica a quanto rappresentato. Oltre alla simbologia specifica annessa ai colori, va evidenziata la lievitazione tra effetti caldo-freddo e chiaro-scuro, con fasi intermedie che scandiscono l’alterazione di ciascuno stato. Un altro dato costante è inoltre rappresentato dalla propulsività delle immagini, che conferisce ad ogni singola opera pittorica una particolare connotazione cinetica, talvolta appena accennata in forma ondulatoria o sussultoria, fino a situazioni dirompenti di incontenibile energia esplosiva .
Passando a considerare la produzione più recente dell’autore, si può constatare come essa mantenga intatte le sue connotazioni distintive, tra cui una polivalenza di significati che lascia ciascuna opera assolutamente aperta a qualsiasi suggestione o intuizione da parte dell’osservatore. Nel contempo vengono però introdotti degli elementi, apparentemente marginali o complementari, che se colti nelle loro proiezioni più profonde rivelano uno stato di progressione nel processo di creazione artistica. Vediamo ad esempio in fig. 1 come l’elemento materico, un tempo dominante, sia surclassato dall’effetto di conflagrazione prodotto dall’energia sprigionata da forze contrapposte nell’universo, che hanno temporaneamente ceduto di fronte alla spinta dirompente di corpi vaganti nello spazio, producendo un ennesimo Big-Bang che postula la ricerca di un nuovo equilibrio. Un’analoga situazione esplosiva è possibile ravvisare anche in fig. 4, anch’essa sintomatica di un’urgenza precedentemente non avvertita dall’autore, che ora si sente come incalzato da condizioni psicologico-esistenziali che lo inducono ad un riposizionamento rispetto a una situazione non più sostenibile in termini di pura continuità.
Una mutazione altrettanto significativa si presenta in fig. 2, dove gli universi paralleli, prima del tutto separati anche se vicini, ora rivelano spiragli di permeabilità che consentono margini di comunicazione tra situazioni non più distinte e contrapposte, come avveniva in passato. I cunicoli spazio-temporali che li perforano con i loro fasci di energia introducono una nuova situazione di interferenza che interrompe la precedente condizione di isolamento. Considerando l’opera sia come correlata ad entità distinte oppure ai diversi ambiti di una singola individualità, è certamente un diverso modo di essere e di comunicare che qui si profila.
Nella figura 3 si ripropone uno dei Panorami di Tancas, ma per la prima volta si accennano forme di vita nelle rocce penetrate da esseri filiformi che arrivano ad assumere sembianze umane di uomo e donna, seppur privi di caratteristiche antropomorfiche. Forse è un’allusione alla possibilità di un nuovo Eden, in cui si consumerà un’altra trasgressione con conseguente “caduta”, un appiglio per lo scetticismo dell’autore rispetto al delinearsi di una diversa ed inedita storia dell’umanità.
Le opere in figg. 5-6-7 appartengono alla serie degli Universi. In esse l’autore si interroga sull’origine dell’energia positiva nell’universo, con soluzioni che appaiono innovative rispetto alle situazioni precedenti. Gli elementi in comune sono rappresentati dalla spinta cinetica che crea una sensazione di rapido movimento all’interno di ciascuna opera, con un centro originario in cui si focalizza la luce come principio di orientamento necessario. La novità da registrare è nel fatto che il movimento (sia lineare che centrifugo) individuabile nelle opere precedenti ora è sostituito da spinte contrapposte che simultaneamente si dipartono dal nucleo oppure convergono verso di esso, come a significare che l’energia sprigionata deve per vie diverse rientrare nel suo alveo originario. Pertanto le pulsioni di puro allontanamento di un tempo vengono ad essere sostituite da un movimento circolare di “eterno ritorno”, in cui la forza vitale, dopo essersi dispiegata per un lasso di tempo determinato, torna poi ciclicamente a cercare rifugio nella sua sede originaria.
Quali indicazioni di tipo interpretativo è possibile trarre dalla nostra analisi? Solo qualche ipotesi, che si affianca alla constatazione di come l’uomo considerato entro limiti di pura razionalità scientifica sia sempre destinato a perdersi nel grande mare dell’Essere, per poi vedersi costretto a “riconsegnarsi”, magari mettendo in conto una qualche possibilità di metempsicosi. Le realtà fenomeniche così efficacemente rappresentate nelle opere recenti di Stanca probabilmente trovano corrispondenza in stati mentali che richiedono di essere espressi con messaggi visivi più incisivi e radicali. Oppure ciò che si fa strada è la consapevolezza che alcune convinzioni personali non più granitiche vengono ad essere scalfite dal tempo, che inclemente obbliga a ripensamenti consuntivi prima ritenuti non necessari, o quantomeno rinviabili. Sicuramente il rapporto dell’autore con la sua volontà di ricerca continua ad essere intenso e travagliato, e, per quanto indubbiamente appagante nei risultati sul piano artistico-creativo, sembra condurlo soltanto ad approdi provvisori su quello esistenziale, costringendolo quasi a persistere ostinatamente nello scandagliare l’esistente, in assenza di una prospettiva teleologica che possa dare senso compiuto alla vita sia individuale che collettiva. È una scelta certamente coraggiosa e motivante, che ha una sua coerenza ed è costantemente aperta a nuove sollecitazioni, ma che rimane in attesa di un ulteriore colpo d’ala.