Galatina Antica
Studi di Toponomastica
di Giovanni Leuzzi
Nessuno può dubitare che, nel campo delle scienze storiche, la toponomastica è disciplina importantissima per le informazioni che essa può fornire non solo sulla storia e geografia dei territori, ma anche, e sono queste recenti acquisizioni metodologiche, sulle caratteristiche dell’ambiente, del paesaggio, sulle antiche attività economiche e perfino sulle connotazioni archeologiche dei luoghi. Da ciò la necessità di approfondire la conoscenza e la corretta interpretazione dei toponimi, che sono, come scriveva il grande filologo greco Antonios Miliarakis (1841-1905), “delle iscrizioni incise nel suolo”. Essi spesso costituiscono l’unica impronta topografica di siti, presenze e luoghi scomparsi non solo dalle carte, ma anche dalla memoria collettiva.
Anche per questa esigenza di correttezza rimane scolpita nella mia memoria l’avvertenza che il nostro Gerhard Rohlfs ci consegna nella premessa del suo Dizionario Toponomastico del Salento, pubblicato a Ravenna da Longo Editore nel 1986, lo stesso anno della morte del grande “archeologo della parola”, laddove Egli scrive: “La spiegazione storica dei toponimi (spesso diventata dominio di dilettanti) è difficilissima scienza”. E, più avanti, nella constatata impossibilità, nonostante ogni sforzo interpretativo, di arrivare per molti toponimi a congetture plausibili, umilmente confessa che “… nel continuo conflitto tra il certo, il probabile e l’ipotetico, alla formulazione di una vana e fantasiosa immaginazione ho preferito spesso un più prudente ignoramus, rassegnandomi ad un semplice elenco dei toponimi senza un commento, lasciandoli come problemi da risolvere ad ulteriori studi ed a futuri ricercatori”.
La stessa cautela anima la chiusa del presente pregevole libro sul Centro Antico di Galatina di Clelia Antonica, Tommaso Manzillo e Franco Mazzotta; essi, per intanto, hanno lavorato a fondo, verificandone criticamente contributi ed esiti, su precedenti studi e atti disponibili, a partire dalle ricognizioni di Michele Montinari di quasi un secolo fa, per arrivare agli scritti più recenti di mons. Antonio Antonaci, Giancarlo Vallone e don Salvatore Bello, e su una massa di deliberazioni dei Consigli Comunali di diverse epoche tra ‘800 e ‘900; ma il libro, che pure si giova di nuovi importanti documenti sia archivistici che anagrafici e di preziose testimonianze sulla toponomastica del Centro Antico di Galatina e perviene a consapevolezza di tanti problemi interpretativi risolti o comunque sorretti da congetture plausibili di soluzione, affida ad ulteriori studi e a più giovani appassionati ricercatori il compito di proseguire sulla via tracciata da questo lavoro, che gli autori leggono anche, e soprattutto, come stimolo per successive acquisizioni.
E stiamo parlando di un’accuratissima indagine sulla toponomastica del ricco, complesso e complicato Centro Antico di Galatina, città di remota e nobile origine, ab antiquis benedetta da ricche produzioni agricole e manifatturiere, da importante vocazione commerciale, da grandi luoghi di culto e patronati orgogliosamente rivendicati, da edilizia di pregio, da famiglie facoltose ed esigenti anche nei confronti del tempo, se non dell’eternità: uno dei centri di antica origine più grandi e belli di Terra d’Otranto, culla di storia, arte e cultura, come definito dagli autori, ma proprio per questo di difficile lettura nelle sue modificazioni urbanistiche, storiche, di immagine e, conseguentemente, anche toponomastiche, se è vero che la toponomastica, in specie nei centri urbani, segue e si adatta alle vicende della storia, agli andamenti della ricchezza, alla ricorrente incultura e alle cangianti volontà del potere che, in tutte le sue espressioni, politiche, ecclesiastiche, finanziarie, spesso smania di lasciare un segno di sé inciso nella carne viva dei luoghi, stravolgendone memoria, funzione, connotati e legami economici e sociali.
Difficilissima scienza, dunque, la toponomastica, che, tra l’altro, è scienza giovane, se pensiamo alla quasi assoluta inattendibilità di tanti “studi” sull’origine dei nomi dei luoghi di tanti pur valenti uomini di cultura di tutto l’Ottocento (si pensi, ad esempio e per rimanere nella nostra area territoriale, al dibattito infinito sull’origine dei toponimi Galatina, Cutrofiano, Aradeo, Noha, Collepasso, dal quale dibattito è derivata la fissazione degli stemmi civici, spesso anch’essi derivati da fantasiose suggestioni toponomastiche) ed è interdisciplinare, perché deve incrociare e coniugare linguistica, memorialistica, demografia ed elementi storico-geografici ed antropici dei territori e delle comunità. I dati che essa registra sono di norma più stabili, duraturi e conservativi nei territori rurali, nel mentre i toponimi dei centri urbani sono molto più mobili e cangianti, come si può registrare attraverso i documenti ufficiali, ma spesso anche compulsando le conoscenze vissute di testimoni anziani, felicemente memori di luoghi e situazioni. Difatti, come risulta anche dal presente studio, la conoscenza della toponomastica antica, ovviamente, è ancora parzialmente presente, spesso a brandelli, nella popolazione più anziana, tende a diluirsi nella fascia intermedia, per poi scomparire del tutto nelle giovani generazioni.
Dinanzi alle difficoltà che è facile immaginare, gli autori hanno deciso di articolare la loro disamina in quattro itinerari che investono l’intero Centro Antico: il primo da Piazza Giuseppe Lillo alla Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, circuitando in senso antiorario il suo quadrante di nordest; il secondo da Piazza Giuseppe Lillo a Via del Sedile, attraverso, tra le altre emergenze, piazzetta Cavoti, via Congedo, via Siciliani e la Strada dell’Orologio; il terzo da Corso Porta Luce a via Vittorio Emanuele II, che segnala un’imponente successione di emergenze storiche di viabilità, edilizia religiosa e nobiliare; il quarto da Porta Santa Caterina, oggi inesistente perché abbattuta a fine ‘800, a Corte Vinella, attraverso tratti delle vecchie mura ancora visibili, scanditi dalla storica Porta Cappuccini, fortunatamente conservata. Itinerari che si giovano di un importante ed utilissimo corredo documentale e fotografico curato, accanto a Franco Mazzotta, anche da Salvatore Chiffi, che meglio consente di orientarsi nei meandri della complicata trattazione. Così come molto utili per qualunque rimando o approfondimento appaiono sia il ricco apparato delle note in calce, sia la nutrita e aggiornata bibliografia, presentata ad ampio raggio per meglio orientare i lettori.
Man mano che la ricostruzione si dipana ed offre un quadro organico degli esiti conoscitivi e dei problemi ancora aperti, si avverte imperioso da parte dei nostri autori, in una con quanto detto pure da altri studiosi, tra cui la buonanima di don Salvatore Bello, il bisogno che anche da parte delle istituzioni si voglia rivalutare la toponomastica antica e, ove asseverata, farla risultare aggiunta in calce, come utilissimo elemento di conoscenza storica, sulle targhe della toponomastica odierna, che, essendo quella ufficiale, non si può modificare se non con enormi complicazioni burocratiche. Perciò tanti toponimi che oggi molto spesso risultano anonimi, muti, privi di vita, estranei alle vicende dei luoghi e alla vita vissuta delle nostre comunità, arricchiti dalla sotto indicazione dell’antico suggestivo nome, acquisterebbero nuova luce, nuova ricchezza e nuovo valore, rimanendo feconde testimonianze del passato per le future generazioni. A riprova di ciò appaiono assai interessanti le ipotesi di integrazione ragionata di numerose targhe stradali, che arricchiscono e qualificano, a corredo delle ricostruzioni storiche, diverse pagine del libro