Storie buffe del passato tra Nardò e Galatone

STORIE BUFFE DEL PASSATO FRA NARDO’ E GALATONE

di Emilio Rubino

In passato, fra gli abitanti dei Comuni vicini, spesso sorgevano delle “animosità campanilistiche tali da creare una perenne atmosfera di aggressione psicologica tesa a dimostrare la “pochezza” intellettiva degli uni rispetto agli altri.

Un “razzismo” generalizzato le cui radici possono essere ricercate in una presunta “supremazia”che fondava le sue radici probabilmente nella maggiore popolarità di un centro urbano rispetto ad un altro, nell’economia più florida, nella presenza di scuole di ogni grado, in un ambiente culturalmente più prolifico, in una città più ricca di monumenti, più appetibile dai flussi turistici o, addirittura per il fascino delle proprie donne, etc….

Crocifisso nero

Era naturale per gli abitanti di un centro urbano che potev qualificarsi per simili caratteristiche sentirsi “superiori” a quelli di un paese vicino con connotazioni meno prestigiose tali da non competere con l’altro.

A bella posta venivano creati episodi con insite capacità dimostrative della “pochezza” dei vicini presi di mira e indicati quasi sempre con un soprannome.

Questo fenomeno iniziò a verificarsi sin da tempi lontani anche fra Nardò  e Galatone, due comuni del Salento distanti fra loro 4 chilometri appena: Nardò con una popolazione doppia rispetto a Galatone, una riviera splendida, ricca di storia e di cultura e di fervore economico-sociale; Galatone, invece, vissuta in un secolare anonimato e già in passato facente parte del territorio neritino, anche se oggi dà segni di un risveglio artigianale e semi-industriale, con conseguente elevazione economica.

Permettetemi ora di rinverdire e far conoscere alle generazioni di oggi alcuni episodi contrapposti fatti propri dai neritini a scorno dei galatonesi e da questi a dileggio dei neritini.

La “gelosia e l’astio” che attanagliavano l’animo dei galatonesi non perdonava nemmeno cose e argomenti sacri.

Nardò possedeva un “Cristu gnoru” (Cristo nero) che donava fama alla città. I cittadini di Galatone radunarono alcuni artisti e usando la neve caduta abbondante e composero un “Cristu iancu” (Cristo bianco) che contrapposero subito a quello di Nardò. Per rendere l’opera resistente e duratura nel tempo ebbero l’idea di metterlo a cuocere in un forno ben riscaldato come si fa con il pane.

Meschini! All’apertura del forno trovarono solo l’impronta di una macchia di acqua lasciata dalla neve che si era sciolta per cui, i neritini, venuti a conoscenza dell’infelice idea, iniziarono a schernirli ed ad indicarli come:

“Quiddhri ti lu Cristu iancu

ca si cacò, si pisciò

e si ‘ndi ulò”

I galatonesi allora, per “vendicare” lo scorno, sparsero la voce che il Venerdì Santo, che era imminente, la consueta processione del Gesù morto non avrebbe avuto luogo in quanto non si sarebbe trovato qualcuno che gli somigliasse al “ Cristu gnoru”.

I solerti neritini si dettero da fare per sopperire alla bisogna e riuscirono a trovare un uomo con le giuste fattezze che per 5 lire, legato ad una croce di legno, recitasse la scena del Gesù crocifisso. Accadde, però, che durante la processione il finto Cristo ebbe l’impellente ed indifferibile necessità di espletare un bisogno e a bassa voce, rivolgendosi ai sacerdoti che sostenevano la croce a cui era legato, iniziò a cantare:

“Bbi lu dicu a bassa voce:

o mi scinditi

o bbi pisciu la croce”

I sacerdoti gli risposero:

“T’ha pigghiatu 5 lire

a ddra sobbra a risistire”

Fu così che il malcapitato finto Cristo se la fece addosso.

Galatone – Processione

Mentre la processione proseguiva nel suo percorso di Chiesa in Chiesa attraverso le strade del Centro Storico, probabilmente per lo scuotimento a cui la Croce era sottoposta, all’uomo sopra legato venne un più gravoso bisogno corporale, quindi, come aveva fatto poco prima, cominciò a cantare:

Bbi lu dicu a bassa voce:

o mi scinditi

o vi cacu la croce”

e i preti salmodiando:

T’ha pigghiatu 5 lire

a ddra sobbra a risistire”

Anche stavolta l’uomo fu costretto a “liberarsi” a modo suo.

Terminata la processione tutti i fedeli del seguito, come da tradizione, si radunarono in sacrestia per congratularsi per la buona riuscita della processione, salutare e ringraziare il “nuovo” Cristo, ma questi non essendo presentabile per quanto successo, per la vergogna si era dileguato.

I galatonesi, informati a dovere dell’accaduto, da allora e per molto tempo dileggiarono per vendetta i neritini indicandoli ogni qualvolta se ne presentava l’occasione come: