Il cornetto napoletano
“U Curniciellu”
di Luisa Crescenzi
Il corno portafortuna è, senza dubbio, il più diffuso amuleto italiano. Le sue origini sono antichissime e risalgono addirittura ai tempi del Neolitico (3500 A.C.), quando gli abitanti delle capanne usavano apporre fuori dall’uscio un corno come auspicio di fertilità. Specialmente in quei tempi la fertilità veniva associata alla fortuna in quanto, più un popolo era fertile, più era potente e quindi fortunato. In altri tempi i corni venivano usati come doni votivi alla Dea Iside, affinché la Dea Madre assistesse gli animali nel procreare. La mitologia ci informa che Giove donò alla sua nutrice un corno in segno di gratitudine, questo corno era dotato di virtù magiche in modo che, la nutrice, potesse ottenere tutto ciò che desiderava. Il corno trae le sue origini per via della forma, si pensa infatti che gli oggetti a punta, specialmente se aventi forma di corno, difendono da cattive influenze e malasorte, se portati con sé.
Si dice che il corno per portare fortuna deve essere ROSSO e FATTO A MANO.
È di color rosso perché già nel Medioevo ogni talismano rosso aveva doppia efficacia e il rosso simboleggiava la vittoria sui nemici. Già nei tempi più antichi diverse popolazioni associavano al colore rosso un significato di fortuna e buon auspicio: in Cina e Germania, dove tutti gli editti ed i sigilli imperiali erano rossi in segno di buona fortuna; nelle Indie, dove i raccolti venivano protetti con teloni rigorosamente rossi e strisce di tela dello stesso colore venivano portate sul collo per prevenire i mali. Gli antichi medici suggerivano che abiti rossi potessero guarire i reumatismi dove ogni mezzo aveva fallito. L’efficacia di tutti questi rimedi ed altri ancora non stanno nei vari materiali utilizzati ma, solo ed esclusivamente, nel colore rosso.
Il motivo per il quale il corno deve essere fatto a mano sta invece nel fatto che ogni talismano fatto a mano acquisisce poteri benefici dalle mani che lo producono. Emblematico antidoto e sacramentale scudo contro ogni malefico influsso, il corno è il referente apotropaico per antonomasia: amuleto propiziatorio, autentico simbolo della vita, da opporre a tutto ciò che viene ritenuto potenziale latore di morte. “Apotropaios” è parola greca che significa letteralmente “allontanante” da cui deriva l’italiano “apotropaico”, cioè di oggetto, gesto, parola o similia, che serve ad allontanare un’influenza magica, ritenuta maligna e/o dannosa per chi la riceve.
È inutile ricordare che, in modo particolare, a Napoli l’oggetto apotropaico, nella sua varia forma e configurazione, ha assunto nel tempo un rilievo culturale non secondario e la sua diffusione assicura una presa popolare non disprezzabile, compresa quella quota non trascurabile di kitch e di “già visto” e consumato.
Prototipo dei talismani, considerato essenziale medicus invidiae, il corno, per adempiere validamente alla sua funzione scaramantica, non deve mai venire acquistato, ma solo formare oggetto di dono, e risultare: tuosto, vacante, stuorto e cu’ ‘a ponta (apparire rigido, cavo all’interno, a forma sinusoidale e terminante a punta).
Di fronte alle paure e ai pericoli che la vita riserva, l’uomo ha ingenuamente creduto di poter trovare sicurezza in oggetti ritenuti capaci di proteggere dalla sventura. Risulterà senz’altro utile indagare le origini storiche di alcuni oggetti scaramantici ancora molto diffusi nella società odierna, per mostrare come tale genere di credenze sia del tutto assurdo e ingiustificato. La convinzione che il cornetto rosso porti fortuna risale all’epoca preistorica, quando l’uomo primitivo associava la potenza fisica degli animali alla grandezza delle loro corna. Questa opinione si trasformò in culto idolatrico degli animali dotati di corna fino a considerarli vere e proprie divinità. In epoche successive troviamo idoli con sembianze umane, ma con teste di animali come la dea egizia Hathor (rappresentata con la testa di vacca o con il volto di donna dalle lunghe corna) e il dio Amon, con le corna d’ariete.
Per secoli, insigni condottieri, tra cui Alessandro Magno, si fecero raffigurare con questi ornamenti sul capo, poiché le corna erano ritenute sia emblema di potere che di appartenenza e discendenza divina. La gente comune, assoggettata ed ammaliata da tali guerrieri investiti di potenza pseudo-divina, iniziò a costruirsi piccoli amuleti a forma di corna o di unico corno, fabbricandoli con materiali poveri quali il legno o la terracotta.
Con il trascorrere dei secoli i cornetti divennero piccoli feticci del buon augurio e proprio nella nostra penisola comparve il primo cornetto rosso. Inizialmente tali amuleti erano realizzati in corallo, perché la mentalità popolare riteneva che il corallo fosse la più efficace pietra preziosa per scacciare malocchi e fatture e di preservare dal male le gestanti (in realtà il corallo ha un’origine organica marina e non possiede alcuna virtù terapeutica e tantomeno di protezione).
Nel Medioevo questi talismani si diffusero in tutta Europa ed i gioiellieri partenopei erano celebri ovunque per la creazione di collane e braccialetti ornati da innumerevoli cornetti del buon augurio.
Per gli uomini era usanza portare un solo cornetto e di toccarlo e baciarlo prima di un’impresa bellica o prima di concludere un affare. A tali gesti scaramantici si aggiunsero filastrocche popolari mescolate a preghierine dal sapore cristiano e si mutarono così in veri rituali magico-superstiziosi. Quella di seguito riproposta è un’antica filastrocca medioevale tuttora usata nelle regioni meridionali d’Italia ha per caricare di buoni auspici il cornetto rosso e vincere al gioco del lotto: “San Gennaro, san Girolamo, san Crispino, san Giustino usa il mio cornetto, dagli fuoco, dagli vento. San Gennaro, san Girolamo, usa il mio cornetto. San Crispino, san Giustino, fammi vincere il quattrino. Sant’Eufemia, sant’Assunta, non tremate nell’aggiunta. Nel borsello il mio quattrino, il cornetto al santino”.
Sono migliaia i cornetti rossi venduti ogni anno in Italia, di svariate forme e materiali, seppure sempre più spesso in plastica e con la forma di portachiavi, collanine, braccialetti, spille, fermacravatte, ecc. Essi sono associati molte volte alle cifre legate alla numerologia popolare della fortuna (come nella cabala del lotto) o a minuscoli fantasmi dal sorriso ambiguo e muniti di cappello. Piccoli feticci che un tempo si credeva proteggessero dal malocchio, ora adoperati, più o meno consapevolmente, per ottenere fortuna al gioco del lotto o come talismani per avere successo negli affari.
Quale che sia il loro utilizzo i cornetti rossi restano sempre piccoli amuleti legati agli antichi riti magici pagani.