Dobbiamo ringraziare Dio dei miracoli “silenziosi” che ci concede ogni giorno
“Il miracolo che non c’è”
di Anna Teresa Carallo
La piccola baia era delimitata da una bianca ed alta falesia che declinava quasi a strapiombo verso un mare cristallino. Sulla sua sommità una rigogliosa macchia mediterranea dominava il paesaggio e si rifletteva sullo specchio d’acqua sottostante, conferendogli un colore verde smeraldo.
La falesia si insinuava nel mare come una lama fendente per oltre cento metri, intorno alla quale era arroccato un paesino di pescatori, lindo e carino, da sembrare un piccolo presepe. Le casette modeste ma graziose erano quasi tutte di color bianco, un po’ come la falesia che le proteggeva; le porte e le finestre azzurre come il cielo. Al minuscolo molo erano attraccate, strette strette tra loro, le piccole barche dei pescatori, che, invece, erano coloratissime.
La scarsa popolazione aumentava, anche se non di molto, solo in estate. Il modesto flusso turistico dipendeva dal fatto che l’unico accesso al paesino era garantito solo via mare.
Alla fine di un’estate di molti anni fa, una barca a vela aveva doppiato il promontorio. L’imbarcazione era guidata da un uomo piccolo di statura, magro, con folti capelli ricciuti e una pelle bruciata dal sole. Appena entrato nella piccola baia, si presentò alla sua vista uno spettacolo di indicibile bellezza, che lo lasciò a bocca aperta. L’uomo decise di attraccare nel porticciolo e di ammirare da vicino quell’incanto, che sembrava appartenere ad un delicato e fantasioso acquerello, piuttosto che ad una bella realtà.
La gente del posto fu molto cordiale ed ospitale con lui. Bastarono pochi minuti perché si instaurasse un rapporto spontaneo e quasi amichevole con molti vecchi pescatori, intenti a rimagliare le reti o a calafatare alcune barche. Da lì a poco, una frotta di chiassosi bambini s’era radunata nella piazzetta a seguire il marinaio-giramondo nei suoi commenti elogiativi del loro paesello. Anche le donne, intente a lavare i panni nella grande vasca pubblica, rivolgevano, incuriosite, lo sguardo verso quell’uomo vestito in modo un po’ bizzarro, molto loquace e arrivato chissà da dove.
Perfino il parroco intese conoscerlo per sincerarsi delle sue intenzioni, ma ben presto ne rimase colpito favorevolmente per la gentilezza e genuinità di pensiero di quell’uomo.
Il marinaio-giramondo chiese al prete di poter restare in quel paese da sogno in cui le casette era poste le une accanto alle altre e le une sopra le altre, intermezzate da stretti vicoli in cui il sole faceva fatica ad entrarci. La risposta fu immediata e positiva. Il parroco decise di offrirgli l’uso di una casetta che poteva ospitare non più di una persona, date le sue ristrette dimensioni. L’angusta abitazione era costituita da un’unica stanza in cui si doveva pranzare, lavorare e dormire. In un angolo vi era un modesto camino, con accanto un camerino di appena cinque metri quadrati a far da bagno. Tutto qui. Insomma c’era soltanto l’essenziale dell’essenziale. Proprio perché aveva queste caratteristiche all’uomo piacque da morire.
I due uomini, però, non avevano niente in comune, al di fuori dell’altezza. Uno era magro, l’altro grassottello, uno con una folta capigliatura, l’altro pelato, uno con una faccia seria, l’altro sempre sorridente, uno poco loquace, l’altro chiacchierone, uno ateo, l’altro credente. Tutte queste diversità, invece di allontanarli, li attraevano sempre più.
Il marinaio-giramondo non finiva mai di benedire la buona sorte per averlo fatto attraccare in quel “paese delle fate”, in cui si trovava così bene da non volersene più staccare.
A volte di sera, durante le interminabili partite a scacchi, il prete soleva stuzzicarlo con frasi velate e a doppio senso per farlo avvicinare ai sacramenti e abbandonare il suo duro scetticismo sulla Chiesa.
Con la lingua maliziosa, non meno del suo sguardo, di punto in bianco il parroco rompeva il silenzio dicendo: “Oggi il povero Pietro è scivolato su uno scoglio e si è rotto un piede. Questo è un miracolo!”. Oppure: “Questa mattina la signora Maria si è versata addosso un pentolone d’acqua bollente. Anche questo è un miracolo!”. Ed ancora: “Ieri sera il salumiere, nell’affettare il prosciutto, si è reciso il dito mignolo. Questo è un ulteriore miracolo!”.
Una sera il marinaio-giramondo, che – si badi bene – era ateo (così almeno sosteneva) e non credeva nei miracoli, chiese precise spiegazioni sui fatti raccontati dal sacerdote, alquanto assurdi e privi di ogni fondamento.
“Come può trattarsi di miracolo se il salumiere s’è tagliato un dito, se Pietro s’è rotto un piede sullo scoglio o se la signora Maria s’è ustionata con l’acqua bollente? Non ci troviamo di fronte a dei miracoli, ma a delle vere e proprie iatture!” – ebbe a dire il marinaio-giramondo, alquanto contrariato.
“Ed invece t’assicuro che sono dei veri miracoli!” – gli rispose di botto il prete.
“Beh, senti… io non ci credo!… C’è qualcosa che non quadra nel tuo ragionamento…” – ribatté il marinaio – “…Quindi, secondo te, se dovesse cadere sulla testa del sagrestano una tegola, dovremmo gridare al miracolo?!”.
“Certo che sì!…”.
“No, assolutamente no!… C’è qualcosa di strano che frulla nella tua testa” – gli rispose quasi scocciato il giramondo.
“E invece io ti dico di ponderare bene quanto ti ho raccontato. L’errore in cui cadono gli uomini è che hanno un concetto sbagliato del miracolo. Non è qualcosa che il buon Dio ci dona per farci guarire da una brutta malattia o per essere scampati da brutto pericolo o salvati da un tremendo sortilegio. Io credo, invece, che il miracolo sia qualcosa che Dio “non ci dà”, magari è qualcosa da cui “ci preserva”. Avrei potuto essere io al posto di Pietro, della signora Maria o del salumiere. Invece io sto bene. Questo è il miracolo che Dio mi ha fatto preservandomi dalla scivolata, dalla brutta scottatura, dalla ferita al dito. Proprio perché non è caduta nessuna tegola sulla tua o mia testa, dobbiamo ringraziare il Signore del miracolo che ci ha fatto!”.
Il marinaio-giramondo quella notte non dormì affatto. Qualcosa di buono s’era insinuato nel suo animo. Nei giorni seguenti cominciò a frequentare, seppure per pochi istanti la chiesetta, sino a diventarne un fattivo avventore. Un altro miracolo s’era verificato, senza che lui se ne fosse reso conto.